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Donna incinta fa tracciato in gravidanza
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In linguaggio medico si chiama cardiotocografia. Probabilmente questo termine non vi dice granché, vero? E se invece parliamo di tracciato in gravidanza? Molto più familiare! Questa espressione (insieme a “monitoraggio”, un’altra parola usata come sinonimo) è sicuramente più conosciuta e, se avete già avuto dei bimbi o se siete alla fine della gestazione, sapete già di cosa si tratta. Entriamo un po’ più nel dettaglio e approfondiamo. 

Cos’è il tracciato in gravidanza?

Il tracciato è un esame diagnostico che ha due obiettivi principali: controllare il benessere del feto e, allo stesso tempo, le contrazioni dell’utero. È un test assolutamente non invasivo e non doloroso, né per la mamma né per il bambino. Non ha neppure bisogno di una particolare preparazione prima di essere effettuato. 

La cardiotocografia non è obbligatoria, ma è raccomandata (soprattutto in alcune circostanze, che poi vedremo meglio nel dettaglio). Anche se non viene consigliata “a tappeto”, alla fine della gravidanza la fanno praticamente tutte le gestanti (a meno che non partoriscano prima della settimana in cui è prevista, cosa che può capitare).

A cosa serve la cardiotocografia?

Come accennavamo poco sopra, la cardiotocografia è utile sia per la mamma che per il suo bimbo. Da un lato, serve a monitorare le contrazioni uterine, nello specifico la loro intensità e frequenza. Dall’altro, invece, rileva il battito cardiaco fetale, dando importanti informazioni su come sta il piccolo nel pancione. 

Quando si comincia a fare il tracciato?

Ci sono due diversi momenti in cui si fanno i tracciati: nel corso della gravidanza oppure durante il travaglio. 

Tracciato in gravidanza

Generalmente il tracciato in gravidanza si fa intorno alla data presunta del parto, indicativamente da 38 settimane in poi. Ma non è una regola: ci sono casi in cui si aspetta anche di arrivare a 40 settimane, quindi al termine della gestazione. Quando, per varie ragioni, c’è l’esigenza di verificare contrazioni e battito cardiaco fetale, il tracciato viene anticipato anche a 27-30 settimane. Ecco alcuni esempi: rischio di parto pretermine, malformazioni presunte o accertate del feto, pressione alta della mamma, diabete gestazionale, ritardo della crescita del bambino, rottura delle membrane, patologie cardiache materne, malattie fetali, sospetto di preeclampsia.

Quanti tracciati si fanno? Anche la risposta a questa domanda è variabile. Di solito ne è previsto uno alla settimana, in modo da avere un quadro chiaro della gravidanza, ma potrebbero essere di più se ci sono situazioni specifiche che vanno monitorate con maggiore attenzione, come nel caso della crescita del bambino. 

Tracciato in travaglio 

Capita frequentemente che, durante il travaglio, sia necessario fare dei tracciati. Il primo motivo è che è importante vedere come procede l’attività contrattile dell’utero. Man mano che si avvicina il parto, le contrazioni diventano regolari, aumentando sia di frequenza che di intensità. Può succedere però che tutto improvvisamente cambi: per esempio, potrebbero bloccarsi o rallentare anche se il travaglio è avviato. Il tracciato è utile perché consente di decidere quando e come intervenire (ad esempio, somministrare ossitocina per far ripartire le contrazioni). 

In secondo luogo, il tracciato in travaglio è essenziale per valutare l’andamento del battito cardiaco fetale, che può essere influenzato dalle contrazioni. Per esempio, se il tracciato rileva una forte decelerazione del battito dopo che una doglia ha raggiunto il suo picco più alto, potrebbe esserci sofferenza fetale. Se il tracciato mostra anomalie serie, il medico può scegliere cosa fare, ad esempio indurre il parto o fare un cesareo. 

Ultima annotazione. Esistono anche cardiotocografi per il parto in acqua: si possono immergere nella vasca senza il rischio che si rompano. 

Come si esegue il tracciato in gravidanza

Per fare il tracciato, la mamma è distesa su un lettino o seduta su una poltrona con il ventre scoperto. Sull’addome si poggiano due sonde, che vengono fermate con una fascia. Una è una sonda ecografica che, utilizzando gli ultrasuoni come avviene per le ecografie, registra il battito cardiaco del bambino. L’altro è un sensore per le contrazioni e viene collocato all’altezza del fondo dell’utero. 

I segnali percepiti dalle due sonde vengono trasmessi ad un monitor e trascritti su un foglio di carta. Avete presente un elettrocardiogramma? È molto simile, solo che ci sono due linee. La prima è quella della frequenza cardiaca del piccolo, la seconda quella delle contrazioni. 

Normalmente il cuore di un feto batte più velocemente rispetto a quello di un adulto: battiti per minuto (bpm) tra 120 e 160 rientrano nella normalità. Le oscillazioni della frequenza (nella misura circa di 15 battiti in più o in meno) sono considerate normali e anzi devono esserci. Ecco perché è preferibile che il bimbo sia sveglio quando si fa il tracciato: mentre dorme, il cuore ha un ritmo molto regolare, quindi è più attendibile il risultato rilevato durante la veglia, variazioni comprese. 

La linea delle contrazioni appare piatta se durante il tracciato non ce ne sono state, mentre al contrario, se si sono verificate, vedrete dei picchi. Più sono alti, più la contrazione è stata forte (solitamente il massimo viene identificato col numero 100). 

Le linee guida dell’American College of Obstetricians and Gynecologists (ACOG) individuano tre tipi di tracciato: 

  1. Normale: i battiti sono tra 110 e 160, la variabilità basale (cioè la variazione dei battiti in un determinato arco temporale) è moderata e sono consentite decelerazioni o accelerazioni minime e brevi.
  2. Indeterminato: il tracciato evidenzia bradicardia (meno di 100 battiti al minuto) con decelerazioni e variazioni irregolari della frequenza. In questo caso è indispensabile un monitoraggio continuo. 
  3. Anomalo: dal tracciato emergono frequenti bradicardia e assenza di accelerazioni. Quando ciò avviene, è molto probabile che si proceda con l’induzione del parto.  

Tracciato in gravidanza gemellare

La differenza tra il tracciato in una gravidanza singola e quello per la gravidanza gemellare sta nel numero di sonde che si utilizzano. Nel caso di gemelli sono 3: una per le contrazioni, due per controllare i battiti cardiaci di entrambi i bambini. Di conseguenza, il foglio del tracciato avrà 3 righe. 

Spesso nelle gravidanze gemellari la cardiotocografia si fa con un certo anticipo rispetto al termine perché il rischio di parto prematuro è più elevato. 

Quanto dura un tracciato?

Un tracciato dura almeno 30 minuti, ma a seconda delle circostanze potrebbe anche prolungarsi. 

Quanto costa fare i tracciati

Il tracciato non si paga dopo la 41esima settimana. Rientra infatti nell’elenco degli esami gratis in gravidanza. In ogni caso informatevi nella struttura dove avete intenzione di partorire perché è lì che li farete. È anche l’occasione per prendere confidenza con l’ospedale o la clinica dove darete alla luce il vostro bambino.

Limiti della cardiotocografia 

Per quanto accurata, la cardiotocografia non è un esame privo di limiti. Per esempio, evidenze scientifiche dimostrano che, nelle gravidanze a basso rischio, il tracciato non è in grado di prevenire alcuni rischi neurologici per il bambino. La ragione sta nel fatto che non è in grado di prevedere eventi acuti improvvisi, ma mostra solo quello che accade nel momento preciso in cui viene effettuata. 

Nelle gravidanze a rischio è opportuno associare anche altri esami, come l’ecografia e la flussimetria. Lo stesso vale per le gravidanze che vanno oltre il termine in cui i controlli devono essere più ravvicinati e considerare battito cardiaco, contrazioni, liquido amniotico (con l’ecografia) e il funzionamento della placenta (con la flussimetria doppler). 

Spesso il tracciato può dare dei falsi positivi. Può capitare quindi che si richieda un intervento tempestivo di cui non c’era effettivamente bisogno. Oltre al monitoraggio cardiotocografico, per valutare il benessere fetale va sempre presa in considerazione anche la storia clinica della futura mamma (in gravidanza e non) ed eseguire altri esami che diano un quadro quanto più possibile veritiero e attendibile.