Argomento controverso su cui i pareri degli esperti sono spesso contrastanti riguarda il latte per i più piccoli: qual è quello più idoneo a sostituire il latte materno e quando è corretto introdurre il latte vaccino, quello cioè, per dirla in parole semplici, di mucca?
Partendo dall’assunto che il miglior latte, anche dopo i dodici mesi, resta quello della mamma, si registra una posizione opposta tra chi dà il via libera al latte vaccino e chi invece propone il cosiddetto latte di crescita, un prodotto pensato proprio per i piccoli da uno a tre anni.
In generale, la Federazione italiana medici pediatri raccomanda di non introdurre il latte vaccino ai bambini prima del compimento dell’anno di età; esso è, infatti, troppo ricco di proteine e può creare uno squilibrio nella crescita del bimbo non essendo calibrato sulle sue esigenze nutrizionali. Questo perché nel latte vaccino sono presenti quasi il triplo delle proteine contenute in quello materno, troppi minerali quali il sodio che sovraccarica i reni dei più piccoli, e meno lattosio e vitamine.
Un tale mix nutritivo può essere responsabile di sovrappeso e obesità nel futuro oltre che causa di carenze specifiche. Il ferro presente nel latte vaccino, ad esempio, non è a livelli adatti allo sviluppo dei bambini e non è facile da assorbire e questo potrebbe causare difficoltà psicofisiche.
Secondo alcuni studi, inoltre, il latte vaccino crea microemorragie gastrointestinali non visibili a occhio nudo, le quali aumentano la probabilità di anemia; infatti i dati sulla presenza di poco ferro nel sangue a 12 mesi (sideropenia) mostrano che è più elevata nei lattanti che ricevono latte vaccino rispetto agli altri.
In alcuni casi, qualcuno consiglia di somministrare comunque il latte vaccino prima dell’anno di età, magari allungato con acqua e con il comune zucchero da cucina. Tuttavia, se da una parte questa “modifica” riequilibra la concentrazione di proteine e minerali, dall’altra riduce il contenuto di acidi grassi essenziali e di vitamine, senza considerare poi che il saccarosio è diverso dal lattosio e dalle maltodestrine, zuccheri presenti invece nel latte di proseguimento.
In generale, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), il ministero della Salute e gli esperti di nutrizione pediatrica raccomandano l’allattamento al seno esclusivo almeno per i primi 6 mesi e lo consigliano fino ai due anni, sempre seguendo le esigenze di mamma e bambino. L’allattamento al seno oltre un anno di vita è, infatti, sinonimo di salute e benessere sia per il bambino che per la mamma: previene l’obesità del piccolo e riduce il rischio di cancro al seno per la madre.
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