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Il distacco intempestivo della placenta (o, per usare il termine scientifico, l’abruptio placentae) è una problematica piuttosto preoccupante che può presentarsi durante la gravidanza. Si verifica quando la placenta, l’organo che offre nutrimento e ossigeno al feto, si separa prematuramente – in modo parziale o totale – dalla parete dell’utero. Questa condizione, benché rara, rappresenta un’emergenza ostetrica che richiede un intervento immediato per garantire la salute della madre e del bambino.
Insieme alla placenta previa (un difetto placentare che comporta l’impianto della placenta in una posizione errata, cioè in prossimità della cervice uterina), il distacco della placenta è una delle principali forme di emorragia ante partum (che avvengono cioè prima del parto). Secondo dati della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia (SIGO), la sua incidenza varia tra lo 0,49 e l’1,8% e la mortalità materna si aggirerebbe attorno all’1%. Il picco si registra tra la 24esima e la 26esima settimana di gestazione, ma possono esserci episodi già nel primo trimestre.
In questo articolo esamineremo i sintomi, le possibili conseguenze per il feto e i fattori di rischio che possono portare ad un distacco, oltre ad analizzare le modalità di trattamento.
I sintomi del distacco della placenta
Prima di elencare la possibile sintomatologia di un distacco, cerchiamo di capire cos’è la placenta e a cosa serve. Si tratta di un organo temporaneo (deciduo) che si forma già dopo pochi giorni dalla fecondazione. Alla fine della gravidanza pesa circa mezzo chilo e viene espulsa subito dopo la nascita del bambino (è l’ultima fase del parto e viene chiamata secondamento. Distacco e secondamento non vanno confusi: sono completamente differenti).
La placenta è importantissima perché svolge tutta una serie di funzioni al posto degli organi del feto, che ancora non sono maturi e pronti. Attraverso il cordone ombelicale che la lega al piccolo, la placenta nutre, protegge, trasporta ossigeno, trasferisce anticorpi dalla madre al bambino, produce ormoni fondamentali per il proseguimento della gestazione.
Quando avviene, il distacco della placenta può variare da pochi millimetri ad un distacco completo. È “marginale” se si ha lo scollamento di un lembo laterale, “parziale” quando un’area più o meno grande non aderisce all’utero, o “totale” quando interessa l’intero organo. Spesso si manifesta all’improvviso, senza che ci siano avvisaglie particolari. Nel 65-80% dei casi, il distacco è evidente, cioè ha sintomi chiari (come l’emorragia), mentre nel 20-35% è occulto (la perdita di sangue c’è, ma rimane “nascosta” dietro la placenta e non si vede). La seconda evenienza è la più pericolosa perché non consente di intervenire tempestivamente.
Ecco un elenco di alcuni comuni sintomi del distacco di placenta (anche se non è detto ci siano tutti):
- dolore addominale improvviso e intenso.
- Sanguinamento vaginale (può essere assente oppure modesto)
- Contrazioni uterine frequenti o irregolari.
- Dolore alla schiena (soprattutto nella parte bassa, quella lombare).
- Riduzione o assenza dei movimenti fetali.
- Sensazione di tensione costante all’addome.
- Segni di sofferenza fetale (ad esempio, una irregolarità del battito cardiaco, rilevata tramite monitoraggio cardiotocografico).
Quando si sospetta un distacco di placenta, l’ecografia diventa uno strumento diagnostico utile per valutare l’entità della separazione tra placenta e utero. Va però detto che non sempre riesce ad individuare l’area del distacco. Al contrario, può essere efficace per diagnosticare la placenta previa, un’anomalia placentare che può dare gli stessi segnali di un distacco e creare perciò falsi allarmi.
Distacco di placenta nel primo trimestre
Sebbene il distacco intempestivo della placenta sia più comune dal secondo trimestre in poi, può occasionalmente verificarsi anche nel periodo iniziale della gravidanza. Nel primo trimestre, il distacco può essere difficile da diagnosticare poiché i sintomi possono sovrapporsi ad altro, come l’aborto spontaneo. Un’attenta osservazione medica è essenziale per determinare la causa del sanguinamento e adottare eventuali misure preventive per evitare complicazioni più importanti.
In caso di distacco di placenta prima della 20esima settimana di gravidanza si parla di “distacco amniocoriale”, un’espressione che indica lo scollamento dei due tessuti che formano la placenta, ovvero il sacco amniotico e il sacco coriale. Nelle prime settimane, un lieve distacco della placenta può comportare un piccolo ematoma o perdite non consistenti, con o senza leggere contrazioni. Non necessariamente la prognosi è infausta, tutt’altro. In genere, vengono prescritti riposo, a volte farmaci (ad esempio il progesterone, sotto forma di ovuli vaginali o iniezioni) e l’astensione dai rapporti sessuali.
Le conseguenze per il bambino
Le conseguenze del distacco di placenta possono essere serie sia per il nascituro che per la futura mamma. Quest’ultima per esempio può andare incontro a shock, a disturbi della coagulazione e renali o persino alla morte. Ma anche il bambino può essere in pericolo. La placenta gli fornisce ossigeno e sostentamento, quindi una sua separazione anticipata può limitare l’afflusso di sangue e ossigeno al feto, con il rischio di compromettere la sua crescita e il suo sviluppo.
Nei casi più estremi, il distacco di placenta può determinare un parto prematuro (con tutte le problematiche connesse, soprattutto se la data presunta per la nascita è molto lontana) o, nelle circostanze più gravi, la morte fetale intrauterina. Tuttavia, la rapidità dell’intervento medico e l’osservazione costante possono ridurre il rischio di complicanze severe.
Il distacco della placenta può provocare:
- ipossia e sofferenza fetale: se la placenta si stacca, l’apporto di ossigeno viene compromesso, causando ipossia (mancanza di ossigeno). Questo può portare a sofferenza fetale acuta e, nei quadri più critici, a danni cerebrali permanenti o morte fetale.
- Nascita pretermine: il distacco della placenta può indurre il travaglio pretermine (prima della 37esima settimana di gravidanza). La prematurità aumenta la possibilità di problemi respiratori, infezioni e difficoltà nello sviluppo neurologico e fisico del bambino.
- Morte fetale intrauterina: la morte del feto è un evento drammatico connesso al distacco della placenta. Il rischio è più elevato se non si riconosce e non si gestisce immediatamente la situazione.
- Basso peso alla nascita: a causa della riduzione del flusso sanguigno e nutrizionale, i bambini che sopravvivono a un distacco della placenta possono avere un ritardo di crescita intrauterina (IUGR), con conseguente basso peso alla nascita.
- Complicazioni a carico del sistema nervoso: l’ipossia severa può danneggiare il sistema nervoso del feto, con effetti a lungo termine come paralisi cerebrale, ritardo nello sviluppo cognitivo e disabilità permanenti.
Cosa può provocare un distacco della placenta: le cause e i fattori di rischio
Il distacco di placenta è spesso associato a varie situazioni che possono influenzare la salute materna e fetale. Alcune includono traumi addominali, come quelli dovuti a incidenti stradali o cadute, ma anche malattie preesistenti. Pure uno stile di vita scorretto (come l’abuso di sostanze) possono aumentare le chance di avere questo problema.
Un altro pericolo è lo sforzo fisico eccessivo. Anche se non è un’evenienza diffusa, un distacco di placenta può infatti verificarsi per uno sforzo intenso, in particolare se non è adeguatamente monitorato o gestito.
Fattori di rischio per il distacco intempestivo della placenta sono:
- ipertensione materna (pressione arteriosa alta) o preeclampsia.
- Traumi addominali.
- Precedenti distacchi di placenta (per la SIGO, la recidiva in gravidanze successive varia dall’8,3 al 16,3%, specialmente con l’aumento dell’età materna).
- Fumo durante la gravidanza.
- Uso di droghe, in particolare cocaina.
- Gravidanza multipla.
- Età materna avanzata (sopra i 35 anni).
- Disturbi della coagulazione del sangue.
- Rottura prematura delle membrane (rottura delle acque).
- Sforzo fisico eccessivo o prolungato.
Come si risolve un distacco di placenta: il trattamento
La terapia di un distacco di placenta dipende dalla gravità della situazione e dall’età gestazionale del feto. La gestione medica tempestiva è fondamentale per minimizzare i rischi e garantire un esito positivo. Quindi è facile intuire che è basilare conoscere i sintomi e – se ci sono – saperli distinguere velocemente.
Come abbiamo già accennato, nei distacchi più lievi e nelle prime fasi della gravidanza, può essere sufficiente il riposo. Talvolta si aggiunge il monitoraggio continuo del battito fetale e dello stato generale della madre. Il discorso è molto diverso se l’abruptio placentae avviene in gravidanze in stato decisamente più avanzato.
Il trattamento del distacco di placenta scelto dai medici dipende in primo luogo dall’epoca gestazionale. Se il feto è a termine (cioè ha compiuto 37 settimane), si può procedere con il parto. Questa decisione può essere presa anche se vi sono sofferenza fetale o instabilità materna. In altre parole, se mamma e bimbo sono in pericolo di vita non si può attendere, a qualsiasi settimana di gravidanza, e si espleta un parto urgente.
Quando la donna è emodinamicamente stabile e il tracciato è regolare, non ci sono controindicazioni al parto naturale. Altrimenti, sempre per garantire la massima sicurezza, si esegue un taglio cesareo.
Se il sanguinamento non comporta rischi contingenti per entrambi, se il tracciato cardiotografico è a posto e soprattutto se non si è ancora giunti a 37 settimane di gravidanza, l’atteggiamento generale è più cauto. La condotta è quindi di attesa per valutare l’evoluzione della sintomatologia.
Infine, nel caso in cui l’emorragia dovesse essere copiosa, potrebbe essere necessario intervenire con una trasfusione di sangue. A volte occorrono anche terapie farmacologiche specifiche.
Fonti
- Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia
- American College of Obstetricians and Gynecologists (ACOG)
- National Institutes of Health (NIH)
- Mayo Clinic