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bambino sul seggiolone sporco in faccia di cibo
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Brodino vegetale, farina di mais e tapioca, omogeneizzati, stelline, mela grattugiata, passati di verdure, cucchiai e bavaglini. Dosi precise, pesate al grammo, alimenti da inserire uno alla volta per evitare reazioni allergiche e secondo uno schema ben definito, magari la tabella svezzamento OMS. C’era una volta lo svezzamento tradizionale. C’era una volta e oggi non c’è praticamente più. Questo metodo così rigido adesso ha lasciato il posto ad altri più moderni, come uno svezzamento più libero – seppure piuttosto classico – oppure l’autosvezzamento, sempre più diffuso tra i pediatri e, di conseguenza, i genitori. Vediamo di cosa si tratta.

Cos’è l’autosvezzamento

Il modo più giusto per definire l’autosvezzamento è alimentazione complementare a richiesta. Probabilmente state pensando ad un’espressione simile, cioè allattamento al seno a richiesta, che consiste nell’assecondare la richiesta (appunto) del neonato di ricevere latte materno. Il principio dell’autosvezzamento è pressoché simile, solo che viene applicato ad alimenti diversi dal latte.

Con l’autosvezzamento il bambino diventa protagonista della sua alimentazione. Decide cosa assaggiare, quali sono i suoi gusti preferiti e le consistenze più amate, quanto mangiare, quando dire “stop, sono sazio e non ne voglio più”. Vi sembra un’idea folle per un pargoletto di pochi mesi? Non è così.

Autosvezzamento significa permettere ai nostri figli di avvicinarsi ai piaceri della tavola, assaporando le stesse cose che gustiamo noi, senza rispettare tappe obbligate o al rallentatore. In teoria questo implica che il primo cibo che potrebbe provare un bimbo sono i bucatini alla amatriciana? Sì, in teoria è proprio così, anche se poi ovviamente ci sono alcune regole (per lo più dettate dal buon senso) che vanno seguite. 

Alla base dell’autosvezzamento, quindi, c’è la convinzione che, come il bambino impara dai genitori a camminare, stare seduto, afferrare le cose o parlare, la stessa cosa vale per il rapporto con il cibo: il piccolo si fida di noi, ci imita e porta alla bocca quello che stiamo mangiando con curiosità e tranquillità.

I vantaggi dell’autosvezzamento sarebbero diversi: 

  • autonomia.
  • Buon rapporto col cibo.
  • Possibilità per tutta la famiglia di mangiare meglio.
  • Risparmio economico (gli alimenti per l’infanzia spesso hanno un costo non proprio indifferente).
  • Gestione dei pasti fuori casa più semplice. 

Svezzamento o autosvezzamento?

In linea generale, lo svezzamento è l’inserimento nell’alimentazione di un bambino di cibi solidi. Questo aggettivo non vuol dire che devono essere duri, compatti. Parlando di nutrizione pediatrica, si definisce solido è tutto ciò che non è latte, sia materno che artificiale. Quindi anche una purea di frutta o di patate è solida, se confrontata con il latte. 

Ad un certo punto, questo momento arriva e sta a noi scegliere quale metodo seguire. Chiaramente molto dipende dalle caratteristiche intrinseche dei nostri cuccioli (a che punto è lo sviluppo motorio e sensoriale? Sono curiosi nei confronti del cibo?) e anche dalle indicazioni dei nostri pediatri. Quelli un po’ più tradizionalisti consiglieranno lo svezzamento “normale”, anche se quasi certamente in maniera meno categorica rispetto a qualche anno fa. 

I medici più moderni e aggiornati sono quelli che invece potrebbero suggerire di lanciarsi nell’avventura dell’autosvezzamento, lasciando ampia libertà ai bambini. Il pediatra conosce piuttosto bene le abitudini familiari e anche noi genitori, quindi è in grado di capire se siamo disposti a cimentarci in qualcosa del genere. Già, perché anche gli adulti giocano il nostro ruolo. Non dobbiamo essere particolarmente ansiosi e – cosa ancora più importante e che tra poco vedremo – dobbiamo mangiare in modo corretto. Ci sono questi presupposti a casa vostra? 

Autosvezzamento: a quanti mesi 

Per rispondere alla domanda “a quanti mesi si può svezzare un bambino?”, non ci sono molte alternative. La risposta la danno due autorità sanitarie di livello internazionale, cioè l’Organizzazione Mondiale della Sanità e l’Unicef. Per entrambe infatti fino ai 6 mesi di vita i piccoli dovrebbero essere alimentati soltanto con il latte, preferibilmente quello materno, ma anche in formula. Prima di questa età, i bimbi non sono ancora sufficientemente maturi sia dal punto di vista dello sviluppo psicomotorio, sia da quello dell’apparato digerente. Quindi, la raccomandazione è ben chiara. 

Autosvezzamento a 6 mesi

Come tanti altri ambiti che li riguardano, anche per lo svezzamento i nostri piccoli hanno tempi molto personali: alcuni sono già pronti a 6 mesi, altri invece avranno bisogno di aspettare ancora un po’ (un mese, 2 o forse di più). 

In particolare, per cominciare l’autosvezzamento (così come lo svezzamento) è necessario che il bambino: 

  • Sappia rimanere seduto, senza che la testa penzoli di lato.
  • Abbia perso il riflesso di estrusione, cioè quel naturale riflesso che gli fa tirar fuori la lingua quando gli vengono toccate le labbra e che gli consente di succhiare dal seno o dal biberon.
  • Sia capace di afferrare le cose con le mani. 
  • Dimostri interesse per il “cibo dei grandi”.

In genere, a 6 mesi tutte queste abilità sono già state raggiunte, anche se è bene sottolineare che potrebbe esserci qualche eccezione o fisiologico ritardo. 

Autosvezzamento a 4 mesi

Lo svezzamento – di qualsiasi tipo esso sia – troppo precoce è deleterio per i bambini: fino ai 6 mesi hanno bisogno esclusivamente del latte perché in esso è contenuto tutto ciò che occorre per crescere sani e forti. Solo dopo (e senza neanche troppa fretta) è opportuno integrare con il cibo solido. 

Quindi, sarebbe meglio rinunciare all’autosvezzamento a 4 mesi, anche per i primi assaggini: c’è tutto il tempo di poterli fare, senza bruciare le tappe. Il rischio potrebbe essere quello di un eccesso di proteine e zuccheri, affaticando eccessivamente l’apparato gastrointestinale o i reni e predisponendo a problemi di salute in futuro, come ad esempio il sovrappeso e l’obesità. 

Autosvezzamento: come iniziare 

Come abbiamo detto, per iniziare l’autosvezzamento il bambino dovrebbe mostrare alcuni segnali ben precisi e aver raggiunto alcune fondamentali tappe dello sviluppo. In realtà non ci sono passi particolari da fare, se non quello di metterlo a tavola con voi. Sedetelo comodo nel suo seggiolone, servite il pasto e osservate le sue reazioni. Alcuni bambini appariranno completamente disinteressati, mentre altri saranno attirati dalle pietanze e soprattutto tenderanno ad imitare quello che fanno i genitori. Pronti a cominciare?

Chi è incuriosito dal cibo dimostra senza possibilità di equivoci che vorrebbe provarlo: tende le manine verso i piatti, lancia gridolini per attirare l’attenzione, mima la masticazione. Se è così, semplicemente proponete di assaggiare ciò che avete cucinato per il resto della famiglia. L’autosvezzamento infatti non prevede menù differenziati, le classiche pappe dello svezzamento, gli omogeneizzati e tutto il resto. Tutti mangiano le stesse cose. 

Ciò comporta che i cibi devono essere sani, a misura di bambino, tagliati in modo sicuro per evitare che possano andare di traverso. L’autosvezzamento è un’occasione per tutti per migliorare il proprio modo di nutrirsi. Quando si sceglie cosa preparare per pranzo o cena ci si dovrebbe sempre chiedere: questa ricetta va bene per tutti?

Non preoccupatevi se all’inizio il bambino non mangia molto, se usa le mani al posto delle posate, se spiaccica patate e mela ovunque. Autosvezzamento è sinonimo di sperimentazione, rispettando i tempi e i gusti di ciascuno. È prendere confidenza con un nuovo mondo – quello del cibo -, provando e riprovando, senza imposizioni, finché non sarà accettato e gradito. 

Le regole dell’autosvezzamento 

Vediamo, un po’ a grandi linee, quelle che possono essere considerate le regole dell’autosvezzamento. La prima (probabilmente anche per importanza) è che il bambino non dovrebbe mai essere lasciato da solo quando mangia. La supervisione di un adulto è necessaria per non andare incontro a rischi potenzialmente gravi.

Autosvezzamento: cosa mangiare 

Cominciamo dagli alimenti da preferire. Come abbiamo anticipato, il “baby food” (cioè il cibo industriale per bambini) non rientra nel concetto generale di autosvezzamento perché l’idea è quella di non cucinare piatti diversi. 

È chiaro quindi che la scelta deve necessariamente tenere presenti i piccoli di casa, privilegiando tutto ciò che può essere fonte di benessere. quindi:

  • ai prodotti salutari e di stagione;
  • alle cotture leggere; 
  • ai condimenti non eccessivamente elaborati; 
  • alla varietà e alla freschezza;
  • alle ricette che rispettano i capisaldi della dieta mediterranea.  

No invece: 

  • ai cibi precotti o confezionati se non si è certi della loro provenienza;
  • al sale o agli zuccheri aggiunti;
  • ai grassi saturi;
  • alle cotture e ai condimenti troppo pesanti;
  • all’alcol.
  • al miele. 

Fino a qualche tempo fa, si raccomandava l’introduzione ritardata e graduale degli alimenti potenzialmente allergizzanti, come ad esempio l’uovo, il pomodoro, il glutine. Oggi la tendenza è quella di non rispettare questi inserimenti cadenzati perché, da alcuni studi, emerge che non ci sarebbero rischi in più di sviluppare allergie. Attenzione solo se ci sono reazioni già note: in questi casi, ci vuole un po’ di prudenza. 

Come capire se il bambino mangia abbastanza?

Un grande dubbio che hanno le mamme alle prese con l’autosvezzamento riguarda la quantità di cibo assunta dal bambino. Sarà abbastanza? Non sarebbe meglio pesare tutto così da avere la certezza che non rimarrà con il pancino vuoto? E se poi mi chiede il latte che devo fare? Domande molto comuni. 

Chiariamo un concetto fondamentale: in caso di autosvezzamento, i genitori decidono cosa si mangia, mentre il loro bambino decide quanto si mangia. Non bisogna crearsi delle aspettative, né in un senso (“chissà che mangiate si farà!”), né nell’altro (“non toccherà nulla!”) perché ogni bambino è a sé. 

Nel primo periodo dello svezzamento, il latte rimane comunque l’alimento principale, almeno fino ad un anno di età. La quantità degli assaggi dal piatto dei genitori o dei fratelli più grandi piano piano aumenterà, diventando più consistente. Poco alla volta quindi il pasto a base di latte sarà sostituito da altro.

C’è anche da considerare un aspetto estremamente importante: la capacità dei bambini di autoregolarsi. Al contrario di ciò che potremmo pensare, sanno riconoscere perfettamente il senso di sazietà, quindi il rischio di grandi abbuffate è irrisorio. Le porzioni quindi non sono predefinite: mangerà finché non ne vorrà più, poco o tanto che sia. Non bisogna insistere, ma assecondare le richieste. 

Tagli sicuri per l’autosvezzamento

Una delle preoccupazioni maggiori quando si parla di autosvezzamento è il pericolo che il boccone vada di traverso. Ed è una paura decisamente comprensibile se pensiamo che intorno ai 6 mesi i bambini sono ancora senza denti. La prima rassicurazione: sono in grado di masticare anche con le gengive. Certo, bisogna offrire alimenti facilmente masticabili, ma è un’impresa possibile anche da… sdentati. 

Seconda rassicurazione: stando ad alcuni studi, sembra che il rischio di soffocamento sia uguale per svezzamento e autosvezzamento. Il soffocamento non va confuso con il conato di vomito, che potrebbe verificarsi spesso in questa fase. Il conato è provocato dal riflesso faringeo che nei piccini avviene con facilità, ad esempio quando incontrano un gusto o una consistenza nuovi. Ma questo nulla ha a che vedere con il soffocamento: in questo caso, il bimbo tossisce o non respira, diventa cianotico, ma non c’è il conato perché il corpo estraneo ostruisce le vie aeree. 

Per ridurre il pericolo del soffocamento durante lo svezzamento, i cibi devono essere tagliati in modo corretto: niente forme tondeggianti o cilindriche (come le mozzarelline, le rondelle di carote, i würstel tagliati, l’uva, i pomodorini) e attenzione agli alimenti che si rompono in pezzi duri e taglienti (cracker o biscotti). Tutto ciò che si può tagliare, va presentato preferibilmente in pezzi piccoli o a listarelle. Dopodiché sarà il bimbo ad indicarvi cosa desidera provare. 

Il ministero della Salute evidenza nelle sue linee guida anche una serie di regole comportamentali da attuare per evitare pericoli. Per esempio, il bambino deve mangiare a tavola, seduto con la schiena dritta e in un ambiente rilassato e tranquillo, possibilmente senza distrazioni (giochi, smartphone, tv). Non dovrebbe essere lasciato da solo e neppure forzato a mangiare.

Ricette autosvezzamento

Come abbiamo visto, con l’autosvezzamento in teoria si può dare al bambino tutto ciò che si prepara per i grandi perché si presuppone che non ci siano limiti. Alcuni preconcetti (ad esempio, quello della carbonara che non si può dare) derivano da una visione un po’ troppo tradizionalista per cui “alcune cose sono vietate”. Quindi, vere ricette per autosvezzamento non ce ne sono.

Anche con l’autosvezzamento bisognerebbe cercare di far provare al piccolo un po’ di tutto, senza trascurare nessun macronutriente o micronutriente: carboidrati (pane, pasta, farine), proteine (carne, pesce, uova, formaggi), vitamine e sali minerali (frutta e verdura), fibre (legumi), grassi buoni (olio extravergine d’oliva) etc. 

Oltre ai tagli sicuri, occhio anche alle consistenze: potrebbe volerci un po’ prima che i bambini si abituino a ciò che non è liquido. Portate pazienza se all’inizio ci sarà più cibo per terra e sui capelli che nella bocca. Anche questo fa parte del gioco. Ma potrebbe valere la pena di provare.