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L’allattamento al seno è una indiscutibile fonte di benessere psicofisico sia per la mamma che per il suo bambino. I benefici sono immensi e le controindicazioni praticamente pari a zero. L’Organizzazione Mondiale della Sanità e altre importanti società scientifiche raccomandano che i neonati siano allattati al seno in modo esclusivo almeno per i primi 6 mesi della loro vita. Ma più a lungo si allatta, meglio è. Ci sono però alcune circostanze in cui si rende necessario integrare le poppate al seno con quella che comunemente si definisce “aggiunta” di latte. È il cosiddetto allattamento misto. Ne avete sentito parlare? Lo facciamo noi.
Cos’è l’allattamento misto
L’allattamento misto (o più correttamente complementare) consiste nell’alternanza tra allattamento al seno e allattamento con il biberon che, a seconda dei casi, può contenere latte materno (tirato con il tiralatte o donato in una delle banche del latte) oppure artificiale.
L’allattamento misto non è una cosa che si può improvvisare, ma è un percorso in cui occorre sempre essere supportati dal proprio pediatra di fiducia.
Quando serve l’aggiunta?
Si può scegliere l’allattamento misto per varie ragioni. Nella maggior parte dei casi si tratta di motivi per lo più fisici che perciò vanno attentamente valutati dal medico. Vediamo insieme alcuni esempi di condizioni in cui potrebbe essere opportuno dare l’aggiunta:
- il bambino non recupera il calo fisiologico entro due settimane dal parto.
- Si verifica una considerevole e inspiegabile perdita di peso.
- Il piccolo cresce poco e c’è un rallentamento della curva di crescita.
- Ipoglicemia del bambino alla nascita (basso livello di zuccheri nel sangue).
- Poca pipì (meno di 5 pannolini bagnati in 24 ore).
- Minore frequenza delle evacuazioni.
- Parto pretermine.
- Segnali di disidratazione (astenia, pelle secca, sonnolenza, bocca asciutta…).
- Problematiche materne (patologie, ritardo nell’avvio dell’allattamento, ad esempio dopo un cesareo, poco latte, necessità di assumere farmaci incompatibili con l’allattamento…).
Ci sono poi altre situazioni che possono spingere verso l’allattamento misto. Ad esempio, se la neo mamma deve rientrare al lavoro e non può allattare in modo continuativo al seno perché il bimbo andrà al nido o sarà accudito dai nonni o dalla baby sitter, l’aggiunta diventa comoda. Lo stesso vale se si hanno dei gemelli. Allattare i gemelli non è impossibile, anche se sicuramente è più impegnativo. Un biberon tra una poppata e l’altra consente di soddisfare al meglio le esigenze di entrambi i gemellini, senza rinunciare alla possibilità di nutrirli con il proprio latte.
A volte si tende a dare l’aggiunta per altre motivazioni, forse un po’ meno “fondate” rispetto a quelle che abbiamo appena elencato. Per esempio perché si pensa che in questo modo il bambino si sazi di più e di conseguenza dorma di più. O perché si crede di non avere abbastanza latte o per poca conoscenza sull’allattamento al seno. In tutti questi casi basta un buon supporto all’allattamento per risolvere i “problemi”.
Quando si comincia?
Non c’è un momento preciso in cui iniziare a dare l’aggiunta: tutto dipende dalla causa che sta alla base di questa scelta. Se l’avvio dell’allattamento misto coincide con il rientro al lavoro della mamma, il piccolo avrà già qualche mese. Se invece dopo il parto si verifica ipoglicemia, l’aggiunta diventa una sorta di “terapia” da cominciare il prima possibile per ristabilire il livello degli zuccheri nel sangue.
Quanto dura l’allattamento misto?
La durata dell’allattamento misto è variabile. Una volta iniziato, potreste continuare così a lungo. Viceversa, potrebbe essere solo un’eventualità temporanea finché non si risolve la causa a monte. Per esempio, se nel giro di qualche giorno, settimana o mese il piccolo riprende peso, torna a fare cacca e pipì regolarmente, la produzione di latte aumenta e si assesta, non ci sono più sintomi di disidratazione etc., si può smettere di dare l’aggiunta.
Come si fa l’allattamento misto
Ci sono due modi principali per fare allattamento misto. Il primo è il cosiddetto allattamento alternato. Come suggerisce il nome, si alterna una poppata al seno con una al biberon, in maniera sistematica. Questa tecnica può essere conveniente se la mamma ricomincia a lavorare oppure in caso di gemelli.
La seconda tecnica di allattamento misto è quella che andrebbe privilegiata e prevede sempre l’offerta del seno (meglio entrambi) come prima scelta. Se poi, dopo aver succhiato, il bambino mostra ancora segni di fame e non si è saziato, solo allora si propone l’aggiunta con pochi millilitri di latte.
L’allattamento misto alternato non è particolarmente efficace e anzi rischia di mettere in crisi l’allattamento in generale. I tempi tra una poppata al seno e l’altra si allungano perché in mezzo c’è quella con il biberon. Quando la ghiandola mammaria non viene stimolata con la suzione (o con il tiralatte), la produzione di latte pian piano si riduce e il pericolo è quello di non poter continuare ad allattare. Quindi, è sicuramente preferibile l’altro metodo.
Quanta aggiunta si dà ai neonati?
La quantità di latte da integrare deve sempre essere consigliata dal pediatra: non si può fare di testa propria perché si corre il rischio di sbagliare. E non ci sono parametri o tabelle per l’allattamento misto standard. La dose aggiuntiva è soggettiva e viene stabilita in base a vari fattori come il peso del bambino, la sua età, il suo sviluppo, lo stato di salute complessivo e così via.
Come darla?
Il mezzo più comune per dare l’aggiunta ad un neonato è sicuramente il biberon, un prodotto che va scelto attentamente. Per esempio, è consigliabile selezionare un modello con una tettarella quanto più simile al seno e al capezzolo, in modo da non confondere il cucciolo che passa dall’una all’altro. A proposito: quando offrite il biberon al bimbo, cercate di rendere questo gesto più somigliante possibile all’allattamento al seno. Mantenete il contatto visivo, accarezzate vostro figlio, evitate distrazioni come quella del telefono…
Per fare allattamento misto potete usare anche un cucchiaino, una tazzina o un bicchierino, una siringa (chiaramente senza ago!), un contagocce, un sistema di nutrizione supplementare.
Quale latte scegliere
Com’è ovvio, sarebbe auspicabile che l’aggiunta per i neonati fosse di latte materno. Come abbiamo già avuto modo di dire, l’allattamento al seno esclusivo è caldamente consigliato almeno per il primi 6 mesi. Quando questo non è possibile, si ricorre al latte in formula. Dal punto di vista nutrizionale, i prodotti presenti sul mercato sono quasi tutti simili. Si differenziano per la formulazione (liquida o in polvere) e per alcune caratteristiche specifiche (anticolica, antireflusso, per bimbi intolleranti etc.).
Il latte artificiale liquido è certo il più pratico. Rispetto a quello in polvere che necessita di una serie di passaggi, basta solo riscaldarlo ed è subito pronto. L’unico inconveniente è che va consumato entro 24 ore dall’apertura, quindi potrebbe essere uno spreco.
In genere si utilizza latte artificiale di tipo 1, mentre quello 0 è destinato ai prematuri e quello 2 è indicato dallo svezzamento in poi.
Allattamento misto problemi
Innanzitutto cerchiamo di eliminare una paura: l’allattamento misto è sicuro. Quindi: se il pediatra dice di dare una o più aggiunte, niente sensi di colpa. Ad onor del vero però è giusto sottolineare che l’integrazione potrebbe dare qualche problema, seppur nulla di grave:
- Stitichezza o altri disturbi digestivi (rigurgito, coliche) provocati dal latte artificiale: la soluzione è cercare il tipo di latte più adatto alle esigenze del bambino.
- Compromissione dell’allattamento al seno: è un rischio soprattutto in caso di allattamento misto alternato. Proponete l’aggiunta come “ultima spiaggia”.
- Rifiuto del seno da parte del bambino: potrebbe abituarsi facilmente alla suzione del biberon, che è molto meno faticosa. Attenzione dunque alla tettarella.
- Rischio di sovra-alimentazione: può esserci se si offre più latte del dovuto e/o se vengono ignorati i segnali di sazietà.
Si può tornare all’allattamento al seno esclusivo?
L’allattamento misto potrebbe essere solo una fase passeggera della vita di un bambino, funzionale per supportare la sua crescita, quando magari il fabbisogno di latte è maggiore di altri periodi. Tornare al seno dopo l’allattamento misto non è impensabile. Certo, può non essere semplice (anche perché i neonati si abituano al biberon piuttosto velocemente), ma vale la pena di tentare: l’istinto di suzione è sempre molto forte.
Prima di interrompere l’allattamento misto è corretto confrontarsi con il proprio pediatra per verificare che le condizioni che hanno portato a questa decisione non esistano più. Il bimbo ha ricominciato a prendere peso? Bagna un numero sufficiente di pannolini al giorno? La produzione di latte è bella abbondante?
Una buona regola per cominciare è quella di non avere fretta e di darsi tempo. Potrebbero servire vari tentativi, prima di riuscire ad abbandonare il biberon. Non bisogna mai forzare il piccolo, ma assecondarlo, con pazienza e provando a cambiare posizioni per allattare. Un altro escamotage potrebbe essere quello di utilizzare i paracapezzoli in silicone, che hanno lo stesso sapore della tettarella.
Come levare l’aggiunta? Se il bambino prende una quantità scarsa di latte col biberon, si può smettere anche di colpo. Ovviamente la richiesta del seno sarà molto insistente per qualche giorno, ma poi si normalizzerà. Viceversa, si deve procedere a piccoli passi, diminuendo un po’ per volta la dose di latte da integrare fino a toglierlo definitivamente.
Le informazioni pubblicate in questo articolo non si sostituiscono al parere del medico. Ti invitiamo a consultarlo in caso di dubbi o necessità.