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Molte di noi mamme probabilmente si ricordano bene di quando, da piccole, si sono beccate la pertosse. Attacchi di tosse che sembrano non finire mai, nottate “meravigliose” senza chiudere occhio e quel sibilo strano tra un colpo e l’altro. Insomma, c’era poco da divertirsi. Nonostante la vaccinazione sia tra quelle obbligatorie, la pertosse esiste ancora e non solo tra i bambini. Pure gli adulti infatti possono contrarla, anche se spesso viene scambiata per una bronchite o un raffreddore molto potente. I neonati invece sono quelli che rischiano le complicanze peggiori e quindi sono quelli che vanno protetti di più. Cerchiamo di capire di cosa stiamo parlando.

Cos’è la pertosse

È una malattia di origine infettiva, provocata da un batterio che si chiama Bordetella pertussis. Un altro agente patogeno, che fa parte della stessa famiglia – il Bordetella parapertussis – è responsabile invece della parapertosse, una malattia simile ma caratterizzata da sintomi più lievi. La pertosse causa infezioni delle vie respiratorie di varia entità.

È molto contagiosa e, come abbiamo scritto, può colpire a qualsiasi età, anche se viene considerata una delle tipiche malattie dell’infanzia. La prevalenza maggiore infatti è al di sotto dei 5 anni. Il contagio avviene per via aerea attraverso le goccioline di saliva emesse dalla persona malata. Che, se non viene trattata subito con gli antibiotici, può trasmettere l’infezione anche per 3-4 settimane. Le riacutizzazioni sono più frequenti in inverno e in primavera, in particolare nei centri urbani.

Sintomi della pertosse

Ovviamente la tosse è il sintomo principale di questa malattia. È molto insistente, gli attacchi durano a lungo, talvolta sfociando nel vomito. Spesso c’è anche un rumore caratteristico, detto “urlo inspiratorio”. Sembra l’abbaiare di un cane: ecco perché si chiama anche “tosse canina”. Tra gli altri sintomi possono esserci cianosi (colorito bluastro del volto), apnea, emorragie congiuntivali (cioè nell’occhio), dal naso oppure, nei casi più seri, sub-durali (cioè nei “foglietti” che rivestono il cervello).

Fasi della pertosse 

L’incubazione dura circa 7-10 giorni. Dopo di che si distinguono 3 fasi della malattia:

  1. stadio catarrale;
  2. stadio parossistico o convulsivo;
  3. convalescenza.

Lo stadio catarrale è quello iniziale della pertosse, quello cioè in cui compaiono i sintomi. La tosse è lieve, ci può essere qualche linea di febbre e abbondanti secrezioni nasali. Sembra quindi un comune raffreddore che non desta particolari sospetti. Il bambino però è già contagioso. Questa fase dura 1-2 settimane.

Nello stadio parossistico, il bimbo ha attacchi di tosse diurni e notturni. Sono sempre più ravvicinati e violenti, non gli fanno riprendere fiato e, spesso, lo fanno anche vomitare. Le crisi sono scatenate da stimoli diversi, in primo logo il cibo, soprattutto nei lattanti. Se non viene trattato, lo stadio parossistico può permanere anche 2 mesi.

La terza fase è quella della convalescenza in cui progressivamente i sintomi si riducono, anche se la tosse – seppur diminuita – può rimanere molto a lungo.

Complicanze della pertosse

La pertosse può degenerare in complicanze più o meno gravi. Le più serie sono costituite da sovrainfezioni batteriche che possono causare otiti, polmoniti, bronchiti o affezioni neurologiche (ad esempio crisi convulsive o encefaliti).

Nei neonati molto piccoli e comunque nei bambini con meno di un anno, la pertosse può essere pericolosa. Causa 2 decessi ogni 1.000 casi e si tratta quasi sempre di bambini di età inferiore ad un anno. Il rischio è molto più alto nei piccoli con meno di 6 mesi. È dunque fondamentale la protezione con il vaccino.

Come si diagnostica la pertosse

La conferma di pertosse si ha isolando il batterio responsabile della malattia. Questo avviene analizzando le secrezioni di naso e gola con un tampone rinofaringeo.

Trattamento della pertosse

Essendo causata da un batterio, la cura è con antibiotici. Prima vengono somministrati, più veloce sarà la guarigione del bambino. Inoltre, dopo 5 giorni dall’inizio della terapia si riducono drasticamente le possibilità di contagio. Tenete presente che un bambino con pertosse è in grado di contagiare il 90% dei piccoli con cui entra in contatto. Questo per sottolineare il fatto che si tratta di una patologia estremamente contagiosa.

Gli antibiotici andrebbero già prescritti durante la fase catarrale: dipende però dalla precocità della diagnosi. Questi farmaci agiscono sulla causa scatenante della pertosse, ma per i sintomi non sono molto efficaci. Potrebbero quindi essere consigliati dei sedativi per la tosse, che però non sempre sono indicati nei piccolissimi.

La prevenzione della pertosse

La sola arma che si ha a disposizione per prevenire la pertosse è il vaccino. Rientra tra quelli obbligatori ed è compreso nel cosiddetto esavalente composto da 6 sieri: anti difterite, anti tetano, anti pertosse, anti Haemophilus influenzae, anti epatite B e anti poliomielite.

La prima dose di questo vaccino viene somministrata dopo il compimento dei primi 2 mesi di vita. È il primo che si fa ai neonati. Nel primo anno di vita le dosi sono 3, mentre un richiamo è previsto intorno ai 5-6 anni.

Per proteggere al massimo i piccolini prima che effettuino il vaccino, alle donne in gravidanza viene proposto di vaccinarsi a loro volta contro la pertosse. Gli anticorpi attraversano la placenta e quindi il bambino nasce già immunizzato contro questa malattia. Il vaccino contro la pertosse in gravidanza viene proposto tra la 27esima e la 36esima settimana di gestazione.

Le informazioni pubblicate in questo articolo non si sostituiscono al parere del medico. Ti invitiamo a consultarlo in caso di dubbi o necessità.