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Ormai lo sanno tutti: contro il tumore al seno si deve giocare d’anticipo e correre più veloce. La diagnosi precoce permette interventi tempestivi, cure più efficaci e – senza girarci troppo intorno – di salvarsi la vita. Il seno è il simbolo della femminilità per eccellenza, nonché fonte di benessere e alimento preziosissimo almeno per i primi mesi dei nostri bambini. Tutto questo deve darci la giusta motivazione a fare prevenzione, senza paure o pudori, in particolare dopo i 30 anni. E soprattutto se stiamo pensando ad una gravidanza. Sì perché essere in buona salute prima del concepimento è già un lasciapassare per 9 mesi più tranquilli. Perché, come ci spiega in questa intervista il professore Vincenzo Adamo, ordinario di Oncologia Medica Università di Messina e Direttore Scientifico Progetto Oncologia A. O. “Papardo” di Messina, ci si può ammalare anche in gravidanza. Quindi, come dice uno slogan sempreverde, prevenire è meglio che curare.

Prof. Vincenzo Adamo

Prof. Vincenzo Adamo

    Professore Adamo, qual è l’incidenza dei tumori al seno in gravidanza?

    “L’insorgenza di un carcinoma mammario in gravidanza non è comune. Si verifica nell’1-3 per cento di tutti i tumori al seno, ma non è comunque trascurabile perché ne scopriamo 1-7 ogni 10.000 donne incinte e non è un dato da prendere sottogamba”.

    Come va la prevenzione nel nostro Paese?

    “Gli screening oncologici offerti gratuitamente in Italia sono 3: contro il tumore al seno, della cervice uterina e del colon retto. Si eseguono in tutte le regioni, ma con delle differenze nella percentuale di adesione: 30-35 per cento al sud (massimo 40), 55 per cento al centro, 65-70 per cento al nord, con punte del 75. Gli screening sono destinati alla popolazione di età compresa tra 50 e 70 anni, quindi le giovani rimangono fuori. A loro consigliamo di avvicinarsi alla prevenzione del tumore mammario, facendo un’ecografia e, dai 40 anni, anche la mammografia. Oggi c’è grande interesse ad allargare lo screening a tutti coloro che hanno dai 45 ai 75 anni. Entro quest’anno dovrebbe esserci qualche novità”.

    Ai giorni nostri, per varie ragioni, le gravidanze sono quasi sempre programmate. È corretto prenotare una visita senologica prima di tentare di avere un figlio?

    “Assolutamente sì! Così come la donna si sottopone a esami del sangue e altri test, sicuramente va fatta un’ecografia e, se si hanno più di 40 anni, una mammografia. In questo modo la gravidanza può cominciare con maggiore serenità. Se c’è un minimo rischio (ad esempio, casi di tumore in famiglia) è praticamente un obbligo”.

    In gravidanza i normali controlli al seno vanno rimandati o si devono effettuare comunque?

    “In generale, se non ci sono situazioni a rischio, come per esempio la familiarità per alcuni tumori oppure una displasia al seno complessa, si tende a rimandare. Anche se si aspetta un bambino, nulla vieta però di fare un’ecografia, magari perché non si vuole aspettare di aver partorito. Questo è l’esame più sicuro”.

    A chi rivolgersi col pancione per la prevenzione del carcinoma mammario? Ginecologo o senologo?

    “Questo è un passaggio fondamentale. È sempre conveniente rivolgersi ad un centro di senologia, che ha le competenze migliori sia dal punto di vista medico che da quello radiologico. In Sicilia, ad esempio, ci sono 16 Breast Unit. Le Breast Unit seguono la donna in tutto il suo percorso, dalla prevenzione alle eventuali terapie, fino alle cure palliative. In molte Breast Unit vengono organizzate durante l’anno le settimane della prevenzione per chiunque, senza i limiti di età degli screening. Oltre alle Breast Unit ci sono anche strutture private che si occupano di senologia, ma bisogna cercarle con attenzione e rivolgersi a centri sicuri per tecnologia e competenza clinica. In alcuni stati europei, il ginecologo gioca un ruolo anche sul fronte della prevenzione del tumore al seno. In Spagna, ad esempio, fa parte dell’équipe della Breast Unit. Può essere di grande aiuto perché vede la donna spesso, soprattutto in gravidanza. È quindi complementare all’attività del senologo”.

    In gravidanza, ci sono campanelli d’allarme da cogliere?

    “I campanelli d’allarme principali sono 2: un indurimento improvviso in alcune parti del seno o un arrossamento. Attenzione però: non per forza è un tumore. Può trattarsi di un’infiammazione, di un ingorgo o di modifiche normali che si verificano durante la gestazione. A volte è difficile riuscire a delimitare un nodulo. La donna si accorge più spesso di un indurimento diffuso”.

    Una donna incinta può sottoporsi a mammografia ed ecografia? E in allattamento?

    “Mammografia e risonanza magnetica sono vietate in gravidanza. Quando si allatta, se c’è proprio una necessità assoluta, allora vengono fatte, anche se con una sospensione breve dell’allattamento. Sia in gravidanza che in allattamento, l’unica indagine strumentale davvero sicura è l’ecografia. Deve essere fatta da esperti afferenti ad una Breast Unit perché fanno da 3.000 a 5.000 ecografie all’anno. Se sono necessari, si possono eseguire anche agobiopsia e ago aspirato”.

    In gravidanza e in allattamento il seno si modifica. Questo costituisce un problema per i controlli senologici? E per l’autopalpazione?

    “Il seno cambia parecchio. Le modifiche sono correlate alla preparazione all’allattamento. Ciò comporta delle difficoltà, soprattutto nell’autopalpazione. Anche il clinico potrebbe avere qualche problema e quindi si ricorre all’ecografia. Ribadisco l’importanza di questo esame. Oggi ci sono sonde raffinatissime con una risoluzione che, a volte, supera quella della mammografia”.

    In allattamento può capitare di sentire un nodulo al seno, causato magari da un ingorgo di latte. Si può capire la differenza con altri tipi di formazioni, ad esempio un tumore?

    “La consistenza del nodulo è diversa da quella dell’ingorgo. Quelli che noi consideriamo pericolosi sono duri o duri-elastici. Una mano esperta è in grado di riconoscerli. In gravidanza è tutto più complicato perché la ghiandola mammaria cambia consistenza. Ricorriamo quindi agli esami strumentali”.

    Un carcinoma mammario scoperto in gravidanza è più ‘cattivo’?

    “Innanzitutto va detto che la prognosi di un tumore al seno scoperto in gravidanza non è peggiore di uno dello stesso stadio in una paziente non incinta. Inoltre, a differenza di quello che spesso si dice, non è ‘più veloce’. Ci può essere una spinta ormonale di tipo proliferativo, ma il problema è che spesso si scopre tardivamente, cosa che peggiora la prognosi”.

    Si deve per forza interrompere la gravidanza?

    “La gravidanza va interrotta solo se la sua prosecuzione comporta un notevole ritardo nella terapia oncologica. Ad esempio, se una donna si ammala al primo trimestre e ha un tumore molto aggressivo, si deve valutare bene cosa fare perché portare avanti la gravidanza potrebbe costituire un pericolo per la sua stessa vita. È un percorso che va discusso a fondo, anche con un counseling di tipo psicologico. Altro discorso è se la diagnosi arriva al terzo trimestre: si può aspettare qualche settimana, far nascere il bambino e poi intervenire”.

    Quali sono le opzioni chirurgiche e farmacologiche?

    “La terapia di un tumore al seno in gravidanza è un problema molto complesso che dipende dallo stadio della malattia, dalle sue caratteristiche, ad esempio l’aggressività, e dall’epoca gestazionale. La comunicazione con la donna è importantissima. Il secondo e il terzo trimestre sono il periodo migliore per la chirurgia sulla mammella, mentre nel primo ci sono rischi più alti per il feto. Radioterapia e ormono-terapia non sono indicate in gravidanza. Per quanto riguarda i trattamenti medico-oncologici il pericolo di malformazioni fetali è maggiore nel primo trimestre, mentre nel secondo e nel terzo può essere intrapreso un percorso terapeutico, valutando attentamente il rapporto tra rischi e benefici”.