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Coppia torna a casa dopo il parto con il neonato
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Tornare a casa dopo il parto scaraventa la mamma in una dimensione nuova e, per certi versi, inaspettata, soprattutto se si tratta del primo figlio: neonato che piange, tonnellate di pannolini da cambiare, visite ininterrotte, uno strano senso di tristezza, allattamento da far decollare, vita di coppia da riorganizzare totalmente. E può succedere che tutta questa confusione possa creare un mix esplosivo, capace di far perdere il piacere dei primi giorni di questa nuova vita. La neo mamma però può e deve chiedere aiuto, in qualunque momento, a persone esperte e capaci. Scopo dell’associazione Georgia (www.associazionegeorgia.it) è proprio quello di sostenere la donna a 360 gradi, compreso il delicatissimo periodo del post partum. Ci spiega perché Loredana Messina, psicologa e presidente dell’associazione.

Dott.ssa Loredana Messina

Dott.ssa Loredana Messina

    Dottoressa Messina, quali sono le difficoltà che più frequentemente una donna si trova ad affrontare dopo il parto?

    "Subito dopo il parto la donna si ritrova a dover rivedere e cambiare tutta la sua quotidianità.
    Se durante la gravidanza il suo benessere era al centro di tutto e tutti, subito dopo il parto si ritrova a dover fare i conti non solo con i cambiamenti corporei, con la spossatezza e la stanchezza legata al parto, ma anche al fatto che solo pochi le hanno fatto una semplice domanda: 'E tu come stai?'.
    Ergo: si ritrova a doversi ripensare e a dover pensare la sua quotidianità in cui il nuovo arrivato sarà al centro. Ciò si traduce in risvegli notturni, seno perennemente in bella mostra, biberon e scalda biberon che occupano quasi interamente il piano della cucina, frequenti cambi di pannolini e quant’altro. Inoltre, la nostra cultura impone che già in ospedale o subito dopo il ritorno tra le mura domestiche, nel momento in cui una neomamma vorrebbe solo farsi uno shampoo e rilassarsi sul divano godendo del suo bambino, uno stressante via vai di parenti offuschi la mente della giovane mamma che si ritrova a dover fare i conti anche con i saggi consigli di nonne, mamme e zie che più che aiutare spesso… confondono e fanno sentire una neomamma 'inadatta e incompetente'.
    Tirando le somme, le difficoltà sono veramente tante e toccano varie sfere della vita di una donna, da quella intima a quella familiare a quella amicale.
    Una neomamma deve piano piano entrare nell’ottica che lei è la mamma e può capire i bisogni del suo bambino meglio di chiunque altro.
    Ricordiamoci che quando nasce un bimbo nasce anche una mamma e come dice una bellissima canzone di Elisa: 'Sarà difficile diventar grande/Prima che lo diventi anche tu/Tu che farai tutte quelle domande/Io fingerò di saperne di più/Sarà difficile/Ma sarà come deve essere/ Metterò via i giochi 
Proverò a crescere'".

    Quali forme esistono di depressione post partum?

    “La depressione post partum è un tema abbastanza delicato da trattare e soprattutto bisogna stare attenti quando si tratta quest’argomento perché troppi sono i 'sentito dire', i miti che spesso sono da sfatare, ma che passando di bocca in bocca si trasformano in informazioni ritenute credibili e 'reali'. La depressione post parto è un disturbo di natura psicologica che può manifestarsi con vari livelli di gravità.
    Innanzitutto, credo sia di fondamentale importanza trattare le forme più lievi e transitorie che vengono definite baby blues o maternity blues (mamma triste). Durante questa fase, che generalmente si attiva 3-4 giorni dopo il parto, la neomamma si sente triste, piange facilmente, si attivano ansia, irritabilità, difficoltà a dormire, difficoltà di concentrazione e memoria. Questi disturbi durano circa una-due settimane ed è una condizione quasi fisiologica, anche perché collegata alla variazione ormonale che avviene subito dopo il parto, e frequente (quasi 80% delle donne la riporta). Nella maggior parte dei casi è transitoria e passa da sola e il sostegno dei familiari diventa fondamentale per uscirne in modo veloce e indolore.
    Diversa è la situazione quando questa tristezza persiste trasformandosi in una vera e propria depressione post parto. A differenza del primo caso, questo è un disturbo che colpisce il 10% delle donne e si manifesta dal terzo mese al primo anno dopo il parto.
    Sono questi i casi più gravi e più difficili da comprendere. Generalmente i sintomi vengono sottovalutati, anche perché dopo parecchi mesi dal parto l’associazione tra i sintomi e l’evento parto non è così immediato. In questo caso, i sintomi in questione sono quelli propri delle depressione: ansia, preoccupazione, umore basso con tendenza a vedere solo gli aspetti negativi o vedere il negativo anche dove non c’è, perdita d’interesse per le cose, perdita del piacere di accudire il bambino legato ad un sentimento di inadeguatezza rispetto al fatto di prendersi cura di lui, ci si sente incompetenti, con perdita del sonno e dell’appetito.
    I fattori di rischio riportati dalla letteratura scientifica sono tanti: aver sofferto di ansia e depressione durante la gravidanza (ma ricordiamoci che è importantissima la storia 'clinica' della donna perché ogni caso è a sé. Ad esempio, se si è vissuto un aborto spontaneo o una morte intrauterina o subito dopo il parto sarà quasi fisiologico vivere la nuova gravidanza con ansia), aver sofferto di depressione e ansia prima della gravidanza, familiarità dei disturbi psichiatrici, vivere o aver vissuto situazione molto stressanti, vivere una condizione di scarso supporto familiare o sociale, difficoltà o precarietà economica, soffrire di sindrome premestruale, soffrire di disturbi della funzionalità tiroidea.
    Raramente si presenta il caso più grave della depressione post parto che è definita psicosi post parto. In essa la mamma percepisce il bambino come un’importante fonte di angoscia tanto da arrivare ad odiarlo e a manifestare nei suoi confronti fantasie aggressive. Sono questi i casi che possono sfociare in infanticidio.
    Naturalmente mi preme sottolineare che non basta una depressione post parto o un semplice scatto d’ira per arrivare all’infanticidio, ma in quest’ultimo caso esistono alla base delle importanti concause che vanno oltre il parto e che hanno origini lontane nella vita di quella mamma.
    Quando si verificano questi casi, da quello più lieve a quello più grave, la cosa importante da fare è chiedere aiuto. Ricordiamoci che tuttavia è difficile per una mamma che ha quel vissuto riconoscere la difficoltà. Il ruolo dei mariti, compagni, familiari e amici è importantissimo.
    Se i sintomi di tristezza, angoscia e quant’altro non si allontanano, rivolgersi ad uno specialista è sempre la cosa migliore da fare”.

    Allattamento: soprattutto all'inizio può non essere semplice e potrebbe venire spontaneo lasciarsi tentare da un bel biberon di latte artificiale. Come supportare una mamma?

    “L’allattamento al seno è un capitolo importantissimo e difficilissimo da trattare. Molte sono le associazioni che si occupano di allattamento al seno, ma molti sono i messaggi che spesso le mamme vivono come 'imposizione'. Se andiamo a leggere le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità o dell’UNICEF, ci evidenziano l’importanza di allattare almeno i primi 6 mesi di vita del bambino, ma ricordiamoci che fattivamente molte mamme non riescono a tenere il carico emotivo e fisico e per questo non vanno condannate. L’allattamento deve essere un bisogno e un piacere per il bambino, ma anche per la mamma.
    Ricordiamoci che l’allattamento:
    - rafforza e consolida il rapporto madre/bambino (bondig), ma ciò avviene se l’allattamento viene vissuto dalla mamma con serenità;
    - fornisce al bambino un’alimentazione completa (benefici nutrizionali);
    - protegge il neonato da infezioni;
    - porta benefici alla salute della mamma (ma se la mamma è disposta mentalmente e fisicamente).
    Molte mamme mi dicono che ricordano con più dolore l’arrivo della montata lattea, dopo qualche giorno dal parto, che non le contrazioni del travaglio e già questo è un momento importante in cui la neomamma è messa a dura prova. Ricordiamoci che, soprattutto se si è al primo parto, anche il seno dovrà riadattarsi, espandendo i suoi tessuti accogliendo la produzione di un elemento fino a quel momento sconosciuto: il latte. Non sottovalutiamo neanche il momento in cui, dopo poche ore dal parto, i familiari iniziano a produrre ansia nella neomamma quando, ogni volta che il bambino piange, viene pronunciata la frase 'avrà fame'. Ed è questo il momento in cui spesso si cede al latte artificiale. Molte neomamme non sanno che le poche gocce prodotte subito dopo il parto (colostro) sono un concentrato di elementi nutrizionali che per lo stomachino (grande quando un’olivetta al momento della nascita) del bambino è bastevole. Naturalmente ogni caso è a se e anche questo va sottolineato.
    Ritengo che dare le informazioni necessarie alla coppia, quindi alla neomamma, ma anche al neopapà, per la 'gestione dell’allattamento' sia fondamentale per renderlo piacevole. Anche in questo caso molti sono i miti, i sentito dire e i consigli. Io ritengo che quando si parla di allattamento bisogna ascoltare i bisogni di mamma e bambino e accompagnare le neomamme a trovare la strada ad esse più funzionale. Ritengo importante dare le informazioni necessarie su come affrontare la montata lattea, sulle posizioni possibili, sui rimedi naturali per provare meno dolore nel primo mese di vita del bambino, nell’importanza della possibilità di coinvolgere anche il papà tirando il latte e utilizzando i biberon come strumenti di aiuto, slegandoli dal pregiudizio che se il bambino si abitua al biberon non si attaccherà più al seno. Seno e biberon sono due 'strumenti' completamente diversi per natura. Molte mamme mi dicono che i bimbi rifiutano i biberon anche se all’interno c’è il latte materno. Ricordiamoci che i bambini inizialmente riconoscono gli odori quindi è possibile che se è la mamma a offrire il biberon verrà rifiutato perché sul suo naso ci sarà un seno che per lui è molto più allettante; forse allora sarà più funzionale che sia il papà a proporre il biberon pieno di latte materno così da poter lasciare un momento di totale relax alla mamma, che non si sentirà in colpa perché il suo bambino viene ugualmente nutrito sia a livello biologico, con le sostanze nutritive del suo latte, sia emotivo, perché sarà il papà ad offrire il supporto emotivo che è altrettanto importante.
    Sono piccole sfumature e piccoli gesti che possono cambiare il modo di vedere l’allattamento. Inoltre io sottolineo sempre che un bimbo è felice e sereno se la mamma è serena e felice e quindi ritengo che l’allattamento debba essere una libera scelta. Noi professionisti o mamme alla pari possiamo solo dare gli strumenti per meglio gestirlo”.

    Un altro problema potrebbe essere il ritorno ad una vita sessuale appagante con il partner. Anche in questo caso, come sostenere la coppia?

    “La vita sessuale subito dopo il parto è un vero e proprio tabù. Molto spesso mi viene riportato che vi è un calo del desiderio sessuale e che non ci si sente più quelli di una volta. Essere ancora vivi e attivi sessualmente quando c’è una spossatezza legata alla nuova quotidianità che tirannicamente viene gestita dai bimbi è davvero difficile e non bisogna sentirsi 'anormali' se la vita sessuale risente di cotanti repentini cambiamenti. Inoltre, soprattutto se si allatta al seno, molto spesso ci si ritrova in situazioni un po' imbarazzanti quando, in un raro momento passionale, ci si ritrova a vedere e sentire zampilli di latte. Non dimentichiamo inoltre che il fisico della donna cambia durante e dopo la gravidanza quindi se una donna non si sente più desiderabile diventa difficile lasciarsi andare alla passionalità. Tutto può migliorare e soprattutto è importante mettere da parte l’imbarazzo trasformando la vita di coppia da zavorra a risorsa. Ad esempio, se una neomamma si sente supportata dal marito nella gestione del bimbo sarà più semplice sentirsi vicini e coesi e anche affrontare tematiche imbarazzanti e incomunicabili può diventare più semplice. Anche in questo caso, possono verificarsi diverse situazioni e molto dipende dalla vicinanza di coppia che si aveva già prima della gravidanza. Se una coppia aveva difficoltà ad esprimersi nella sua vita sessuale, sicuramente il sesso dopo il parto sarà ancora più complicato. Ritengo che la comunicazione sia fondamentale, avere gli strumenti e le conoscenze di base è importantissimo e ritengo altresì indispensabile rivolgersi ad un professionista se le difficoltà persistono”.

    C'è ancora repulsione a rivolgersi ad uno psicologo?

    “Generalmente psicologo è sinonimo di 'medico dei pazzi'. È innegabile che quando si parla di psicologo si attivino una serie di pregiudizi: andare dallo psicologo significa intraprendere percorsi lunghi, significa essere matti, è impossibile risolvere problemi concreti solo parlando, lo psicologo potrebbe plasmarmi la mente e via dicendo. Naturalmente questi sono tutti pregiudizi legati alla nostra cultura, ma per fortuna, soprattutto negli ultimi anni, la sua figura viene sempre più legata al concetto di benessere. Altra difficoltà che potrebbe attivarsi è una reticenza nel parlare di certe tematiche intime con un 'estraneo'. Per questo non credo che ci siano soluzioni, ma sicuramente conoscere questi pregiudizi è il primo passo per promuovere il prendersi cura della propria mente e far sì che lo psicologo faccia sempre meno paura.
    E' importante sottolineare che il lavoro dello psicologo è di accompagnare la persona lungo un percorso che le consente di arrivare ad avere un nuovo punto di vista, facilitando l’evoluzione e il cambiamento attraverso l’attivazione delle risorse che quella persona non riesce a vedere. Obiettivo finale è la creazione di benessere psicofisico, perché ricordiamoci che il famoso connubio mente-corpo è reale, quindi prendersi cura di sé non è soltanto mangiare bene o fare sport, ma anche occuparsi del benessere della propria mente”.

    Cos'è l'associazione Georgia e quali scopi si prefigge?

    “L’Associazione Georgia è un’associazione che nasce nel 2013 che ha come scopo e mission la creazione di 'benessere donna'. Inizialmente nasce per dare sostegno alle coppie con vissuto di aborto spontaneo o morte intrauterina o subito dopo il parto. Con il passare degli anni, ci siamo resi conto che ci sono delle aree che non possono essere separate e che hanno delle connessioni importanti che forse non sono immediatamente visibili, ma che per noi, che quotidianamente affrontiamo certe tematiche, sono evidenti.
    Georgia ha identificato 5 aree fondamentali nella vita di una donna e di una coppia in generale che sono: gravidanza a rischio e abortività (che resta l’area madre e il punto d’origine), procreazione medicalmente assistita, allattamento, cancro ginecologico e menopausa.
    Queste aree - che così presentate sembrano disconnesse - in realtà hanno una base comune: la vita e la coppia e si connette inevitabilmente alle fasi della vita che una donna si ritrova a dover affrontare. Ciò non significa che una donna per forza deve avere un cancro, ma sicuramente una donna che ha avuto, ad esempio, un cancro, se adeguatamente seguita può avere una gravidanza nel dopo malattia e può arrivare anche ad allattare riportando il suo ciclo di vita da un livello di morte ad uno di vita. Così come una gravidanza fisiologica può essere vissuta con ansia e l’allattamento con difficoltà se quella mamma ha precedentemente vissuto una perdita perinatale o un aborto spontaneo. Questi sono due esempi che semplificano il concetto di connessione tra le aree. Ciò non significa patologizzare o medicalizzare per forza, ma sicuramente ci sono degli eventi che inevitabilmente creano delle difficoltà e quelle stesse difficoltà possono essere superate e rese risorse se sappiamo di non essere soli.
    Dico sempre che Georgia lavora favorendo l’accesso ad una dimensione futura, distogliendo lo sguardo da ciò che è stato per rivolgerlo a ciò che è possibile. Questo non significa dimenticare il passato, ma significa trovare un nuovo senso, un nuovo significato che possa aiutare ad andare avanti, sbloccando una situazione che spesso fa paura. Il dolore non si supera facendo finta che non ci sia, ma sicuramente si supera attraversandolo e, se questo lavoro viene fatto in compagnia di persone che alla pari hanno il tuo stesso vissuto o di professionisti che sanno indicarti la strada, verrà più semplice. In questi casi non sentirsi soli può rendere il percorso meno difficoltoso.
    Georgia ha un sito www.associazionegeorgia.it, un numero reperibile h24 no stop (339-6055491), una mail sempre attiva info@associazionegeorgia.it e una pagina fb Associazione Georgia”.