Paura di non farcela, sensazione di inadeguatezza, pianto improvviso e apparentemente immotivato, angoscia sul futuro del piccolo appena venuto al mondo. Riconoscere i sintomi della depressione post partum è importante. E spesso non è semplice. Ecco perché è indispensabile non provare vergogna e chiedere aiuto.
La nascita di un figlio rappresenta un evento molto delicato per ogni donna, la quale si trova ad affrontare una doppia situazione: un vissuto di “perdita”, legato alla conclusione della gravidanza, e uno di “acquisizione”, dato dalla nascita del figlio. Elaborare questi cambiamenti durante l’ultimo periodo della gestazione e i primi mesi del bimbo non è facile. E può capitare di andare in tilt e che compaiano disturbi di tipo depressivo.
Anche il ministero della Salute ritiene l’argomento depressione post partum molto importante, alla stregua di altre importanti Istituzioni in campo sanitario, Organizzazione mondiale della sanità inclusa.
Solitamente si distinguono tre forme di depressione post partum.
La meno grave e più frequente viene definita “baby blues” o “maternità blues” ed è un lieve disturbo emozionale che colpisce una percentuale di mamme che si aggira tra il 50 e l’80 per cento. Visto quante? I sintomi si accentuano intorno al quarto giorno dopo il parto: tendenza al pianto (che ne costituisce la manifestazione principale), stanchezza, ansia, ipersensibilità, frequenti alterazioni dell’umore, tristezza ed abbassamento della capacità di attenzione e di concentrazione.
Questo disturbo è legato soprattutto al riassestamento dei livelli ormonali e tende a risolversi spontaneamente nel giro di 2-3 settimane. Il più delle volte l’intervento di uno specialista non serve.
Il secondo problema è la depressione post partum vera e propria. La sua incidenza varia tra il 3 ed il 15 per cento ed è caratterizzata da sentimenti di inadeguatezza, d’incompetenza e di disperazione, rabbia, ipersensibilità, ansia, vergogna, odio e trascuratezza verso se stesse e verso il bambino, disturbi del sonno, dell’appetito, calo del desiderio sessuale e pensieri suicidari.
La sintomatologia può presentarsi durante tutto il primo anno dalla nascita del bambino. In tal caso, è fondamentale rivolgersi ad uno psicologo, che affiancherà la neo mamma nel necessario processo di elaborazione psicologica della propria nuova identità. L’intervento tempestivo eviterà che la tendenza depressiva si cronicizzi sino a portare ad una vera e propria depressione.
Infine, l’ultima forma viene definita psicosi puerperale e ha un tasso di frequenza che si aggira tra lo 0,3 ed il 2 per cento. Questa malattia non arriva in maniera improvvisa, ma è tipica di persone che già in passato hanno sofferto di psicopatologie o che hanno presentato comportamenti anomali.
La neo mamma si chiude in se stessa, è triste, rifiuta totalmente il suo bambino, affermando di non sopportarlo e non volerlo vedere, è apatica, trasandata, non si occupa della sua igiene personale, ha insonnia ed inappetenza. Molto spesso dice di avere allucinazioni, per lo più uditive, e manifesta idee deliranti, angoscia, sentimenti di colpa e di auto-svalutazione, per cui si sente inutile ed incapace di accudire i figli. In tale caso bisogna rivolgersi al più presto ad uno specialista: è una malattia grave.
In tutti questi disturbi fondamentale è il ruolo che possono svolgere il compagno e la famiglia in generale: molto spesso sono loro a capire cosa c’è che non va e, soprattutto, ad aiutare la donna a squarciare il velo di vergogna che le impedisce di dire che sta male.
Le informazioni pubblicate in questo articolo non si sostituiscono al parere del medico. Ti invitiamo a consultarlo in caso di dubbi o necessità.