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Mai sentito parlare di rooming in? Mammine, siete prossime al parto, non vedete l’ora di tenere tra le braccia il vostro piccolo, l’emozione vi mette su di giri tanto da contrastare la stanchezza delle ultime settimane di gravidanza, ma una domanda continua a farsi spazio nella vostra testa: dopo che avrò partorito, avrò la forza e la lucidità per accudire da subito mio figlio?
Cos’è il rooming in
Da oltre dieci anni, le nursery ospedaliere sono state dismesse quasi del tutto (diciamo che ormai sono una vera rarità. O meglio esistono ma non sono mai piene di bimbi) a favore della pratica del rooming in, neonato e mamma nella stessa camera 24 ore su 24 fin da subito dopo il parto. Una scelta che non sempre è stata accolta in modo positivo dai genitori.
Se in precedenza i bimbi appena nati venivano appunto accuditi nelle nursery dalle puericultrici regalando così “alcuni giorni di recupero” alla puerpera, oggi l’attenzione è rivolta a valorizzare immediatamente il legame affettivo madre-figlio e l’allattamento al seno. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e l’UNICEF, definendo gli standard per i cosiddetti “Ospedali amici dei bambini”, suggeriscono di sistemare il neonato nella stessa stanza della mamma. Ovviamente a meno che non ci siano motivi particolari per dividerli.
Quali sono i vantaggi del rooming in
La scelta non proprio rivoluzionaria del rooming in (in passato le nostre nonne già lo praticavano), presenta in sé dei vantaggi da non sottovalutare. Innanzitutto, migliora il rapporto madre-figlio, già forte durante i nove mesi della gravidanza, adesso favorito dal contatto diretto e costante, dall’odore che il piccolo impara a riconoscere e dal senso di calore e sicurezza che la madre gli infonde.
In secondo luogo, il rooming in favorisce l’allattamento al seno proprio perché il bimbo ha la possibilità di attaccarsi quando ne sente la necessità e, in contemporanea, il latte viene prodotto in modo più rapido. Alcuni studi internazionali degli ultimi anni sottolineano addirittura la capacità dei bimbi di spostarsi ed attaccarsi al seno in modo spontaneo, se vengono appoggiati appena nati sul petto della mamma.
Infine, diminuisce il trauma del ritorno a casa e del sentirsi totalmente abbandonati nell’accudimento del neonato, tanto forte nei casi delle vecchie nursery, quando pensavano a tutto le puericultrici. Con il rooming in, entrambi i genitori hanno da subito l’opportunità di occuparsi del bimbo e di chiedere supporto, se è il caso, al personale ospedaliero.
Rooming in e ruolo del partner
Un coinvolgimento del partner a tutto tondo è il cosiddetto rooming in integrale. Il partner può rimanere senza limiti temporali nella stanza con la mamma ed il bebè ed in tal modo cambiare il probabile ruolo di spettatore passivo dietro un vetro. L’armonia e l’equilibrio ri-creati non solo aiuterebbero il benessere fisico e psicologico di tutti i membri della famiglia, ma permetterebbero ai genitori di ridurre l’ansia rispetto ad una dimensione nuova e alle difficoltà dovute all’inesperienza.
Rooming in: sì, ma senza stress
Al di là dei chiari benefici, non bisogna però mai trasformarsi in eroine! Meglio chiedere aiuto, specie dopo un parto o una gravidanza complicati, e se occorre anche la possibilità di usufruire della nursery. Qualche ora di riposo farà bene alla mamma e di certo non interromperà il percorso iniziato mesi prima del bonding madre-figlio.