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La celiachia è una patologia su base autoimmunitaria, particolarmente diffusa ai nostri giorni. In pratica, si tratta di un’intolleranza al glutine, contenuto nei prodotti derivati dal grano: pane, pasta, biscotti e tutto quanto è a base di glutine può scatenare disturbi fastidiosi, soprattutto a carico dell’apparato gastrointestinale. La cura? Eliminare il glutine dalla dieta, facendo anche molta attenzione alla “contaminazione” con i cibi che lo contengono: anche le semplici stoviglie possono essere veicolo per il glutine.

Oggi si assiste ad un aumento significativo dei casi. Questo avviene perché fino a qualche anno fa in pochi sapevano cosa fosse la celiachia. “Una volta non si conosceva. Si può scoprire a tutte le età. Non è infrequente anche tra gli 80enni”, spiega Francesca Ferretti, dirigente medico di Epatologia, gastroenterologia e nutrizione dell’ospedale Bambino Gesù di Roma.

Dr.ssa Francesca Ferretti

Dr.ssa Francesca Ferretti

    Dottoressa Ferretti, quanto è diffusa la celiachia in Italia?

    "È importante conoscerla. La celiachia interessa un individuo ogni 100. Nel nostro Paese c’è una leggera variabilità regionale: è più comune nelle zone in cui si fa maggior uso di grano, quindi Campania, Lazio e soprattutto Lombardia. Colpisce per lo più le femmine, perché sono più soggette alle patologie autoimmuni. Quindi, si ammala una bambina e mezzo rispetto ad un maschio. La proporzione diventa di 3 a 1 in età adulta. In gravidanza e nell’adolescenza c’è un aumento della celiachia perché cresce l’incidenza delle malattie autoimmuni”.

    Quanto incide in età pediatrica?

    “Tra i bambini viene scoperta soprattutto tra 1 e 5 anni, che è la fascia d’età in cui si fanno più diagnosi. Noi non nasciamo celiaci, ma c’è una predisposizione genetica alla malattia. Responsabili sono due geni, DQ2 e DQ8. Quindi, si è geneticamente predisposti alla celiachia, che poi viene scatenata da un agente infiammatorio. Un esempio è il caso dei bambini che vanno al nido sempre più precocemente o alla scuola materna. Le malattie infettive che i piccoli prendono in modo classico stando a contatto coi loro pari spiegano la prevalenza nella diagnosi per questa età”.

    Quali sono i campanelli d’allarme cui prestare attenzione?

    “Innanzitutto un cambiamento nel comportamento del proprio figlio: è più irritabile, è un bambino che si spenge. E poi ci sono i sintomi fisici: mangia meno, ha l’addome gonfio, perde peso. Possono esserci distensione addominale, mal di pancia, disturbi dell’alvo, quindi diarrea o molta stitichezza, dolore gastrico, reflusso, afte, a volte macchie bianche sui denti, provocate dall’acido che risale nell’esofago e in bocca, lingua patinata, alito pesante, nausea mattutina”.

    Come viene fatta la diagnosi?

    “Un genitore attento deve segnalare al pediatra che qualcosa non va. Se lui ha qualche dubbio e sospetta la celiachia, prescriverà degli esami, la ricerca di anticorpi antitransglutaminasi di classe A e il dosaggio di immunoglobuline. Se sono positivi, sarà il pediatra ad indirizzare il bambino ad una struttura specialistica”.

    In cosa consiste la terapia?

    “Attualmente l’unica è la dieta che esclude il glutine. In corso c’è uno studio su un vaccino che sembra dare buoni risultati. Si sta già sperimentando su alcuni volontari - certamente non bambini - in Australia e negli Stati Uniti. E’ un vaccino di desensibilizzazione”.

    Inserire precocemente il glutine nella dieta dei bambini - quindi nello svezzamento - può incidere in qualche modo sulla celiachia?

    “Alcuni studi dimostrano che questo comportamento può anticipare l’insorgenza dei sintomi. Ricordiamo che per la malattia c’è una predisposizione genetica, quindi se un bambino è celiaco lo sarà e basta”.

    Oggi c’è un po’ la tendenza ad escludere il glutine dalla dieta per presente questioni di salute. Ma è una cosa utile anche per chi non è celiaco?

    “Chi mangia ‘gluten free’ usa i prodotti della grande distribuzione, che non sono scevri da difetti. Ad esempio, sono molto ricchi di grassi e zuccheri e vengono trattati con alcol per conservarli a lungo. Insomma, sono alimenti che non fanno bene al fegato e all’intestino. Il celiaco infatti viene invitato a scegliere prodotti naturali, anche se ovviamente non si può negare un biscotto a un bambino. Mangiare senza glutine va molto di moda, ad esempio in America lo sceglie il 10 per cento della popolazione. Anche il tennista Djokovic non assume glutine, ma non ne ha bisogno. Il problema del nostro secolo è che mangiamo troppo. Quindi, ridurre i carboidrati non sarebbe male”.