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neonato tra le braccia della mamma
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Si chiama bonding ed è un termine inglese che significa “attaccamento“. Sta ad indicare il legamefisico e istintivo – tra il neonato, la sua mamma e il suo papà, che si sviluppa immediatamente dopo il parto e che segnerà tutta la relazione futura della famiglia. Ed è provato scientificamente che prima inizia il contatto fisico tra i genitori e il piccolo appena venuto al mondo, più forte sarà il legame per tutta la vita.

Qual è l’ideale? Fare in modo che il contatto pelle a pelle con il vostro bambino cominci il prima possibile, ancora in sala parto. In alcuni ospedali, in caso di parto senza particolari complicanze, il bambino viene adagiato sul petto della mamma immediatamente, prima ancora di essere lavato e visitato. Un approccio così precoce al bonding andrebbe richiesto da tutte le mamme perché i benefici per voi e vostro figlio possono essere importanti.

I maggiori studiosi del processo di attaccamento negli esseri umani sono il neonatologo Marshall H. Klaus e il pediatra John H. Kennel. Definiscono il bonding come la relazione tra due individui unica e protratta nel tempo e la condizione perché ciò avvenga è il contatto stretto e per almeno 24 ore tra i genitori e il neonato. Fin dai primissimi istanti dopo il parto.

Come si crea quel legame unico e inscindibile? Attraverso il contatto della pelle con la pelle del bambino, con i baci e le carezze e le coccole, con gli sguardi ravvicinati e le parole sussurrate piano. E questo vale sia per le mamme che per i papà.

Nel post partum, l’esigenza di vicinanza fisica è molto forte sia per la donna che per il neonato. È un bisogno fisiologico dettato dalla grande quantità di ormoni in circolo. In particolare, gli ormoni coinvolti sono:

  • ossitocina: il suo livello cresce notevolmente una trentina di minuti dopo il parto, cioè dopo che mamma e bebè si sono scambiati i primi sguardi. Detta anche “ormone dell’amore“, induce un comportamento protettivo nei confronti del bimbo e favorisce l’innamoramento tra i due;
  • adrenalina materna: fa sì che la mamma imprima nella sua memoria tutti i momenti del parto e sia attenta a tutti i segnali che il neonato le invia;
  • adrenalina fetale: permette al bambino di conservare traccia, in modo permanente, degli stimoli che riceve dopo il parto;
  • endorfine: consentono alla donna di ricordare positivamente l’esperienza del parto (nonostante i dolori e i punti);
  • prolattina: favorisce la produzione di latte e lo sviluppo dell’istinto di protezione nei confronti del bambino.

Nel bonding, il neonato utilizza tutti i 5 sensi.

  • Tatto: nei primi 90 minuti di vita il piccino percepisce ciò che gli sta intorno soprattutto attraverso il tatto. Ecco perché gli dovrebbe essere permesso, per almeno due ore, di stare a contatto strettissimo con mamma e papà, possibilmente pelle a pelle.
  • Olfatto: alla nascita è molto sviluppato e gli consente di riconoscere la mamma. Il colostro inoltre ha lo stesso odore del liquido amniotico, quindi lo fa sentire più protetto, in un ambiente che conosce. È quindi fondamentale avviare l’allattamento subito, proprio durante il bonding.
  • Gusto: le papille gustative funzionano già entro il terzo trimestre di gravidanza. Adesso i gusti gli arriveranno assumendo colostro e latte.
  • Vista: gli serve per cercare di capire cosa gli sta succedendo e dove si trova. Alla nascita gli occhi sono in grado di mettere a fuoco da una distanza tra i 17 e i 30 centimetri: la distanza ottimale per individuare il viso del genitore che lo tiene in braccio!
  • Udito: ha pure una certa importanza nel bonding. Il neonato impara facilmente a riconoscere la voce della mamma e, a sua volta, cerca di attirare la sua attenzione piangendo.

Il bonding è facilitato dal rooming in, cioè l’abitudine – ormai consolidata nella maggior parte degli ospedali – di far stare il bambino nella stessa stanza della madre per tutta la durata della degenza. Nella scelta dell’ospedale informatevi se viene praticato.