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Mamma guarda foto di bambini sui social con i figli
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A tutte noi spesso viene la tentazione di condividere su Facebook o Instagram gli scatti più belli dei nostri bimbi. Qualcuna cede a questa voglia, altre invece sono più prudenti ed evitano. Chi ha ragione? 

Tutte siamo abituate ad immortalare con i nostri smartphone i momenti più importanti o divertenti dei figli. Il primo dentino, i primi passi incerti, il bagnetto al mare, i calci al pallone e molto molto di più. Ma che fine possono fare queste foto sui social? È il caso di pubblicarle o meglio lasciar perdere e tenerle solo per noi? Abbiamo chiesto il parere ad un’esperta, Francesca Minerva, che fa l’avvocato e che opera prevalentemente nel settore del diritto di famiglia e minorile.

Francesca Minerva

Francesca Minerva

    Avvocato Minerva, cosa dice la legge a proposito della pubblicazione di immagini di bambini sui social?

    “Ottima domanda! Purtroppo non c'è una norma o una legge specifica al riguardo. Ci muoviamo - incredibilmente - in una materia nebulosa. Bisogna procedere per ‘ricostruzione’, partendo dalle norme che riguardano, in generale, il diritto d’autore o il diritto all’immagine. Norme che sono anche molto risalenti nel tempo. Ad esempio l’art. 96 della legge sul Diritto d’Autore (L. 633/1941) ci dice che il ritratto di una persona non può essere esposto senza il suo consenso. Oppure ci si rifà all’articolo 10 del Codice Civile, rubricata ‘Abuso dell’immagine altrui’. Questa norma - tra le altre cose - ci dice che se l'immagine dei figli è pubblicata fuori dai casi consentiti dalla legge, oppure con pregiudizio al decoro o alla reputazione, i giudici possono disporre che cessi l’abuso e prevedere un risarcimento del danno.
    Diciamo che solo il GDPR 679/2016, entrato in vigore in Europa il 25 maggio 2018 ha fatto un po’ di chiarezza in merito. Intanto facendo rientrare le fotografie nel novero dei cosiddetti dati personali. All'art. 8 il GDPR sancisce che al di sotto dei 16 anni (ma in Italia l’età è stata abbassata a 14 anni), il consenso per il trattamento dei dati personali deve essere rilasciato dai genitori o comunque da chi esercita la responsabilità genitoriale sul minore. In parole povere: per pubblicare sui social le foto dei nostri figli di età inferiore ai 14 anni, mamma e papà devono essere in qualche modo d'accordo tra di loro!”.

    E se questo accordo tra i genitori manca?

    “Potremmo richiamare l’art. 10 del Codice Civile, cui ho accennato sopra. Ma devo dire che di fronte alle lacune della legge, i tribunali di tutta Italia, negli ultimi anni, si sono pronunciati per risolvere problematiche di questo genere. Tanto da creare delle vere e proprie ‘buone pratiche’. Generalizzando possiamo dire che in caso di disaccordo tra i genitori i giudici preferiscono vietare la pubblicazione delle foto dei figli, chiedendo anche la rimozione di quelle già pubblicate. Nei casi più gravi hanno anche previsto il pagamento di somme di denaro qualora il ‘genitore social’ non si fosse attenuto alle prescrizioni”.

    Noi mamme tendiamo a pubblicare le foto dei nostri figli sui social. Ci sono dei rischi? Se sì, quali?

    “I rischi, potenzialmente, sono di due tipi:
    1) il rischio che qualche malintenzionato, precedentemente attratto dalle foto del nostro bambino pubblicate on line, lo possa avvicinare. Da mamma, questo è il rischio che più mi terrorizza.
    2) la possibilità che se ne ricavi materiale pedopornografico. 
    Poi però c’è un altro aspetto che non dobbiamo sottovalutare: in un futuro i nostri figli potrebbero avere un pregiudizio dalle immagini che noi abbiamo pubblicato sui social. 
    Rientriamo nel campo del cosiddetto “diritto all’oblio”, che risponde all’esigenza che ognuno di noi potrebbe avere di far dimenticare a tutti la propria identità.
    D’altronde, come genitori, ritengo che abbiamo (tra i tanti!) due compiti importanti: quello di proteggere i nostri figli e quello di rispettare gli adulti che saranno”.

    Che fine possono fare queste immagini?

    “Come accennavo prima, possono finire nei circuiti legati alla pedopornografia. La rete che conosciamo noi è solo la punta dell’iceberg. Poi c’è tutto un deep web dove i pedofili si muovono pressoché indisturbati”.

    Esistono social network più sicuri di altri?

    “Non direi. Ma non mi piace neanche demonizzare la rete o i social. Tutto sta nel modo in cui li usiamo. Un’altra cosa! I nostri ragazzi non stanno più su Facebook. Prediligono altre piattaforme, come Instagram o Snapchat. Come genitori dobbiamo imparare a prendere confidenza con questi strumenti”.

    Esiste un modo per scoprire se una foto è stata “rubata” dal nostro profilo?

    “Purtroppo no! Le foto sono liberamente scaricabili da tutti i nostri ‘amici’ virtuali. Altro problema è la violazione del profilo: di quello spesso riusciamo ad accorgercene perché cominciamo a notare ‘movimenti sospetti’ sul nostro profilo. Nei casi meno gravi può bastare modificare le credenziali d’accesso e fare una segnalazione alla piattaforma. Ma se hanno scaricato foto… quello è più difficile a dirsi”. 

    A chi ci possiamo rivolgere in caso di violazioni?

    “Può essere sufficiente fare una denuncia alle forze dell’ordine, carabinieri o polizia. Le indagini poi verranno affidate a delle sezioni specializzate, come ad esempio quella della polizia postale e delle comunicazioni”.

    Quali consigli sente di dare alle mamme?

    “Non mi sento di privare nessuno del piacere di pubblicare le foto dei propri figli sui social. Anche io lo faccio! Ma occorre farlo con prudenza e intelligenza. Evitiamo ad esempio di pubblicare foto che ricollegano i nostri bambini a luoghi che frequentano spesso, magari anche da soli. Le foto con le divise della scuola o delle società sportive sono pericolosissime. Stiamo dicendo ad un pubblico potenzialmente illimitato quali sono i luoghi che i nostri figli vivono quotidianamente. Oppure le foto con le geolocalizzazioni. Evitiamole! Cerchiamo di essere i più criptici possibili quando si tratta di bambini! La foto di nostro figlio che mangia il gelato in piazza o durante una gita fuori porta, tutto sommato, è meno rischiosa!”.