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donna affetta da tiroide si tocca la gola
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La tiroide è una ghiandola endocrina particolarmente importante, ma che spesso viene un po’ trascurata. Se non ci sono patologie, per la donna in gravidanza non cambia nulla, però è sempre meglio stare all’erta. “L’endocrinologo deve stare accanto al ginecologo, ma anche nel puerperio, negli 8-12 mesi successivi al parto, che è un momento molto delicato”, spiega Piernicola Garofalo, endocrinologo dell’Unità operativa complessa di Endocrinologia degli Ospedali Riuniti Villa Sofia-Cervello di Palermo.

Dr. Piernicola Garofalo

Dr. Piernicola Garofalo

    Dottore Garofalo, partiamo dal periodo preconcezionale: una donna che desidera un figlio deve controllare la sua funzionalità tiroidea? Quali sono i parametri da verificare e con quali esami?

    “Una paziente che già sa di avere una patologia tiroidea, deve ripetere gli esami classici, come il dosaggio del TSH (in particolare per gli ormoni T3 e T4), insieme alla ricerca degli ormoni anti-tiroidei. Questi possono restare in circolo per anni, senza dare malattia, ma in gravidanza, quando la tiroide lavora di più, la ghiandola è sotto sforzo e gli anticorpi le fanno perdere mordente. Quindi, è utile controllarli. In pratica: se non ci sono storie personali o familiari di malattie a carico della tiroide, non occorre far nulla; se si sa già di essere malate bisogna rifare il punto della situazione; se si segue una terapia, va fatto il dosaggio ormonale e si deve prendere contatto col proprio endocrinologo per adeguare la dose del farmaco. Inoltre, sempre prima della gravidanza, chi ha avuto tre aborti spontanei deve obbligatoriamente analizzare la tiroide, con ecografia, dosaggi ormonali e così via”.

    Quali sono i disturbi della tiroide che compaiono più frequentemente in gravidanza?

    “Se non si ha niente, in gravidanza può comparire un nodulino, ad esempio se c’è una predisposizione familiare al gozzo. Questa è l’evenienza più probabile, più che l’insorgenza di una patologia tiroidea vera e propria. Nel caso in cui si noti un aumento del volume del collo, è quindi consigliabile eseguire un’ecografia. In caso di diagnosi già fatta, la donna in gravidanza deve fare i suoi controlli normali”.

    Durante la gestazione, la terapia farmacologica cambia?

    “Nel primo trimestre, il supporto della tiroide serve sia alla donna che al feto, quindi la dose del farmaco per l’ipotiroidismo - che è una terapia suppletiva di ormone e serve ad aumentare la funzionalità della ghiandola - può essere insufficiente. Viceversa, se la donna soffre di ipertiroidismo - che è la condizione più frequente - e assume farmaci per ridurre la funzionalità tiroidea, spesso durante la gravidanza il dosaggio si può diminuire. Talvolta si può persino sospendere il farmaco. Può succedere però che la malattia peggiori dopo il parto perché, come tutte le patologie autoimmuni, in gravidanza va meglio e poi ‘schizza’ nel post partum”.

    Ipotiroidismo e ipertiroidismo: sintomi e differenze.

    “La differenza è facile: nel primo caso, c’è una ridotta funzionalità della tiroide, il contrario si verifica con l’ipertiroidismo. Nell’immaginario collettivo, la donna con ipotiroidismo ingrassa, mentre nel caso opposto dimagrisce: questo regge un po’ di più, ma non è una differenza sufficiente. I sintomi dell’ipotiroidismo non sono clamorosi, sono lenti nel tempo, si manifestano in mesi, se non in anni: può esserci un tono di voce che cambia, un eloquio biascicato, 2-3 chili in più, forse ci si può sentire stanchi. L’ipertiroidismo ha invece un esordio e sintomi bruschi, improvvisi e quindi la diagnosi è più veloce. Il dimagrimento è tipico, anche se si mangia molto perché chi soffre di ipertiroidismo ha il metabolismo più accelerato”.

    Come si possono prevenire i problemi a questo organo?

    “Il sale iodato è un ottimo strumento di prevenzione primaria. E’ come il ferro: se manca, allora lo prendo. Siccome in Italia siamo tutti parzialmente carenti di iodio, lo diamo. Non è una terapia, è il substrato su cui si creano gli ormoni. Se serve, l’organismo lo usa, altrimenti lo elimina. In alcune condizioni di carenza severa di iodio, può esserci qualche deficit neonatale. Gli ormoni tiroidei sono tra i ‘registi’ nella formazione del sistema nervoso centrale. La grave carenza di iodio può provocare un quoziente intellettivo ridotto, qualche piccolissimo problema di linguaggio o motorio, ma è raro che si possa arrivare al cretinismo. Restano queste piccole disabilità e sembra esserci anche un nesso tra la carenza di iodio e la sindrome da deficit di attenzione e iperattività”.

    I disturbi tiroidei in gravidanza possono avere conseguenze sul feto?

    “Come detto, la carenza di iodio ha un ritorno negativo, ma anche l’ipotiroidismo non trattato bene. Soprattutto fino a 16-18 settimane, la tiroide del bambino non produce ormoni, quindi il supporto di ormoni arriva tramite il sangue materno ed è importante che ne sia ricco. L’ipertiroidismo raramente si trasmette al bambino, ma può provocare tireotossicosi neonatale. Nell’utero c’è una barriera che fa sì che gli ormoni che sono in più vengano bloccati. Così il bambino ha un meccanismo che lo protegge. A differenza dell’ipotiroidismo, l’ipertiroidismo è provocato da anticorpi che ‘accendono’ la malattia. A fine gravidanza possono passare e quindi il neonato è esposto per 6-8-12 settimane agli anticorpi, che poi decadono”.