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Enuresi notturna bambini
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Fino ad una certa età, bagnare il letto di notte è un fenomeno del tutto normale. Per esempio, è un banale “incidente di percorso” nella delicata fase dello spannolinamento, quando ancora non si abbastanza grandi da gestire tutti i propri stimoli. C’è un momento però in cui può diventare un “problema”, che prende il nome di enuresi notturna.

La maturazione della continenza urinaria è una delle principali tappe dello sviluppo psicomotorio di un bambino, esattamente come parlare e camminare. Per raggiungere questo traguardo occorre la coordinazione tra il sistema nervoso vegetativo (involontario) e quello somatico (volontario), cosa che avviene intorno a 3 anni. Non è detto però che questo sia un termine uguale per tutti i piccoli e alcuni di loro (parecchi, a dire il vero) vanno incontro a episodi di enuresi notturna. Vediamo di che si tratta e soprattutto quali sono le possibili soluzioni.

Cos’è l’enuresi notturna

L’enuresi notturna è la perdita involontaria di urina durante la notte che si verifica in bambini con più di 5 anni. Fino a questa età è un evento da considerarsi fisiologico, ma a 5 anni il controllo vescicale dovrebbe essere ottimale anche nelle ore notturne. In altre parole, il bimbo dovrebbe essere in grado di svegliarsi quando sente la necessità di urinare.

Si parla di enuresi notturna quando un bambino bagna il letto almeno 2 volte alla settimana per 3 mesi consecutivi. Non sempre si sveglia, ma continua a dormire come se nulla fosse, seppur bagnato.  E’ un problema abbastanza frequente. Secondo le stime dell’ospedale pediatrico Meyer di Firenze questa è l’incidenza:

  • a 5 anni: 20% dei bambini.
  • A 6 anni: 10-15%.
  • A 9-10 anni: 1,5-5%.
  • Durante l’adolescenza: 1%.

Questi numeri però potrebbero addirittura essere sottostimati perché resiste un certo tabù attorno a questo argomento e capita ancora che i genitori stentino a parlarne col pediatra, pensando che sia un disturbo transitorio che poi “passa da solo”. In realtà non è così e il confronto col medico è imprescindibile per cercare di correre ai ripari il prima possibile.

L’enuresi notturna viene distinta in primaria e secondaria o regressiva. L’enuresi primaria (80% dei casi) riguarda i bambini che non hanno mai avuto il controllo della minzione notturna. La secondaria invece (20%) è quella di chi ricomincia a bagnare il letto dopo almeno 6 mesi consecutivi in cui ciò non capitava.

Un’altra differenza è quella tra enuresi notturna monosintomatica ed enuresi notturna non monosintomatica.

Enuresi notturna monosintomatica

Come suggerisce il termine, l’enuresi notturna monosintomatica è caratterizzata da un solo segnale, che è quello della perdita di urina durante la notte. Possiamo dire quindi che è la manifestazione più “classica” dell’enuresi dei bambini e, nella maggior parte dei casi, si risolve semplicemente con l’aiuto del pediatra.

Enuresi notturna non monosintomatica

L’enuresi notturna non monosintomatica presenta sintomi vescicali durante il giorno. Sono disturbi legati al riempimento (ad esempio l’urgenza minzionale o l’incontinenza) o allo svuotamento della vescica (ad esempio, getto debole di urina, ritardo nell’inizio della minzione etc.). In questo caso, può essere necessario il supporto di uno specialista come l’urologo pediatrico.

Perché il bambino fa pipì a letto?

Le cause dell’enuresi notturna sono molteplici e multifattoriali. Innanzitutto è una questione ereditaria. Circa nel 70% dei casi, almeno un familiare ha avuto (o ha tuttora, anche da adulto) enuresi notturna. Il gene responsabile però non è stato ancora identificato e la sua ricerca continua.

Tra le altre cause ci sono:

  • produzione esagerata di urina durante la notte (poliuria notturna).
  • Insufficiente capacità vescicale (come se la vescica fosse troppo piccola).
  • Difficoltà a svegliarsi se la vescica è piena (si avverte poco o per niente lo stimolo ad urinare).
  • Disturbi ostruttivi del sonno (ad esempio, apnee, russamento, respirazione con la bocca aperta per l’ingrossamento di adenoidi o tonsille).
  • Obesità.
  • Stitichezza (molto spesso la risoluzione della stipsi è sufficiente a migliorare o eliminare l’enuresi).

Le cause psicologiche della pipì a letto sono tipiche dell’enuresi secondaria. La regressione nella capacità di esercitare un controllo sulla minzione potrebbe infatti dipendere da fattori stressanti per un bimbo, come un trasloco, un cambio di scuola, l’arrivo di un fratellino o di una sorellina, tensioni familiari, lutti, maltrattamenti, disturbi da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) o altri del comportamento.

Ma non solo. L’enuresi può avere delle ripercussioni negative a livello psicologico, creando una sorta di pericoloso circolo vizioso. Il bimbo che fa pipì a letto potrebbe essere insicuro e ansioso, avere scarsa autostima e sentirsi in colpa. Qui i genitori giocano un ruolo di un’importanza enorme e lo vedremo a breve.

Come si cura l’enuresi notturna

L’approccio all’enuresi notturna prevede vari step. Il primo e fondamentale è quello di riconoscere il problema e affrontarlo, senza attendere che vada via da solo, esattamente com’è arrivato. I rimedi ci sono e vanno applicati per il benessere del bambino, che è ciò che sta a cuore a ciascuna mamma e a ciascun papà. Bisogna spiegargli, con calma e serenità, che quello che gli succede non è grave e che capita a un sacco di altri bimbi. Inutile arrabbiarsi o avere reazioni scomposte: l’unico risultato che si ottiene è scatenare in nostro figlio frustrazione e un grandissimo senso di colpa.

Quindi, in caso di episodi ricorrenti di pipì a letto, non sottovalutiamo nulla, senza farci prendere dal panico, e chiediamo sostegno al pediatra. E’ lui a decidere quale strada percorrere, valutando la situazione a 360 gradi. Si verifica urgenza minzionale? Il bambino è stitico? C’è incontinenza urinaria di giorno o solo di notte? Il bimbo tende a rimandare di andare a fare pipì, ad esempio se sta giocando?

Con la visita, il medico accerta se ci sono malformazioni genitali o disfunzioni anatomiche e osserva il tono muscolare. Inoltre, esclude altre patologie (ad esempio a carico del sistema nervoso) e, attraverso esami del sangue e delle urine, si assicura che il piccolo non abbia diabete o infezioni alle vie urinarie. In alcuni casi potrebbe suggerire un’ecografia dell’apparato urinario per una valutazione del residuo post minzionale.

Infine, dà una serie di consigli sullo stile di vita.

Terapia comportamentale

Per trattare l’enuresi notturna non si prescrivono subito farmaci, ma si ricorre ad una serie di comportamenti che, se attuati correttamente, possono comportare miglioramenti significativi. Eccone alcuni:

  • insegnare al bambino a non trattenere la pipì.
  • Farlo urinare ogni 2-3 ore.
  • Far sempre pipì prima di andare a dormire.
  • Bere regolarmente durante il giorno, ma poco dopo le 18 e a cena.
  • Ridurre la quantità di cibi salati o contenenti molto calcio a cena (ad esempio, latte e derivati).
  • Evitare di sera alimenti o bevande con caffeina, cioccolato, coloranti artificiali e tutto ciò che può stimolare la diuresi.
  • Evitare il latte prima di coricarsi.
  • Assumere una buona quantità di fibre per facilitare il transito intestinale, prevenendo o limitando la stitichezza.

Uno strumento efficace è il cosiddetto diario minzionale in cui i genitori prendono nota di alcuni dati che poi vengono analizzati dal pediatra: quante volte il bambino urina ogni giorno (il numero considerato normale è tra 4 e 7); quanta urina espelle (ci sono appositi contenitori per misurarla); quanti liquidi assume; ci sono segnali di urgenza o incontinenza urinaria e così via.

Un altro escamotage che si può utilizzare sono gli allarmi notturni. Sul letto o sulle mutandine, si colloca un particolare sensore che rileva quantità anche minime di urina, emettendo un segnale sonoro. A quel punto, il bimbo si sveglia, dovrebbe interrompere il flusso di urina e andare in bagno per finire di farla.

Una cosa da non fare è svegliare appositamente il bambino durante la notte per fare pipì. A parte il fatto che comporta anche il risveglio di almeno un genitore, non è particolarmente funzionale e soprattutto non è risolutivo.

Farmaci contro l’enuresi notturna

Come abbiamo accennato, il trattamento farmacologico si comincia in seconda battuta, dopo cioè il fallimento della terapia comportamentale e/o degli allarmi notturni. In ogni caso, in genere si inizia intorno al sesto anno di vita e rigorosamente sotto controllo medico.

Per l’enuresi monosintomatica, il farmaco di prima scelta è la desmopressina, un antidiuretico che si somministra per bocca o come spray. La sua funzione è quella di ridurre la produzione di urina durante le ore notturne.

La cura dell’enuresi non monosintomatica è un po’ più articolata (ed è per questo che talvolta viene coinvolto anche l’urologo pediatrico). Oltre all’antidiuretico, potrebbero essere prescritti altri farmaci, ad esempio se la vescica si comporta come se fosse più piccola del normale oppure per la vescica iperattiva (in quest’ultimo caso, il principio attivo utilizzato è l’ossibutina).

Le informazioni pubblicate in questo articolo non si sostituiscono al parere del medico. Ti invitiamo a consultarlo in caso di dubbi o necessità.