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Si celebra oggi in tutto la Giornata mondiale dei bimbi prematuri, il World Prematurity Day. Nel mondo, un bambino su 10 nasce in anticipo rispetto alla data presunta del parto. Spesso, da quel momento, inizia una vera lotta per la sopravvivenza, soprattutto se la nascita avviene molto presto. I reparti di terapia intensiva neonatale sono un crocevia di speranza e disperazione, lacrime e vittorie, gioie e dolori. E non sono solo i piccoli a lottare: con loro ci sono tante mamme e tanti papà per i quali ogni giorno, ogni ora è una conquista. Il nostro pensiero va a loro e ai loro “guerrieri” e lo facciamo con una bella riflessione della psicologa e psicoterapeuta Loredana Messina, che per lavoro ogni giorno incontra e sostiene tanti genitori di bimbi nati prematuri. 

Nella pancia della balena

Credo che non dimenticherò mai gli occhi di una mamma che, mentre cercava di capire il destino del figlio nel reparto di terapia neonatale, mi disse “dottoressa, mi sento come nella pancia di una balena” ad indicare il divario tra la quotidianità che inesorabilmente andava avanti fuori dal reparto e una realtà completamente sovrapponibile che allo stesso modo andava avanti all’interno del reparto stesso. Reparto in cui lasci tuo figlio, lasci un piccolo esserino che dal punto di vista di mamma e papà deve essere protetto perché indifeso, ma che materialmente non puoi e non riesci ad aiutare e puoi solo affidare ai medici e agli infermieri. 

La complessità di un reparto Utin sta anche lì! Interconnessione di situazioni, di ruoli, di professioni, di patologie che molto spesso non sai se porteranno via il tuo piccolo o se lasceranno gravi danni che modificheranno il tuo mondo, o se dopo qualche settimana sarà solo un brutto ricordo. Una sola cosa è certa una volta entrati in un reparto Utin: non si torna più indietro e – come nella pancia di una balena – non sai cosa ti accadrà e come andrà ma sicuramente ti segnerà a vita perché a vita porterai ricordi ed emozioni di quel luogo e di quel periodo. Che tu sia un genitore o un operatore sanitario che lavora in quel reparto, ogni bimbetto e ogni persona “attore di quella scena” lascerà e prenderà qualcosa.

Bimbi prematuri. Personalmente potrei parlare singolarmente di ogni singolo bimbo e di ogni singolo genitore incontrato in quel reparto, genitori preoccupati, genitori addolorati e affranti, genitori con sorrisi più o meno rilassati, bimbetti che ci hanno lasciato troppo presto e bimbetti che ancora oggi possiamo incontrare per strada mentre passeggiano con mamma e papà. Ognuno di loro ha lasciato il segno e ognuno di loro ha fatto cambiare qualcosa.

Quando mi è stato chiesto di scrivere queste poche righe nella mia testa si sono susseguiti una serie di pensieri. Cosa scrivere? Quali consigli dare? Cosa sarebbe utile dire? Sarà utile riportare dati statistici e ricerche scientifiche pubblicate? Dopo aver riflettuto ho pensato che forse sarebbe stato meglio accantonare qualsiasi tipo di dato e far parlare il cuore e le esperienze anche solo per ricordare, nella giornata mondiale dei nati prematuri, ogni singolo bambino e ogni singolo genitore nella loro unicità. 

Qualche sera fa guardando un film (Cloud Atlas) la mia mente si è concentrata su due frasi che mi hanno colpito e hanno attivato molte riflessioni e che vorrei citare.

“Da grembo a tomba siamo legati ad altri, passati e presenti, e da ogni crimine e ogni gentilezza generiamo il nostro futuro”. 

Il contesto di un reparto di terapia intensiva neonatale è particolarmente incline a tali legami, ed è proprio lì che le storie dai vari punti di vista si intrecciano ed ogni sorriso donato da un infermiere o un medico, o ogni singola mano poggiata sulla spalla di un genitore può generare un futuro in qualche modo migliore. 

Lavorando insieme in maniera multidisciplinare, molte criticità possono essere trasformate in risorse coinvolgendo ginecologi, neonatologi, psicologi, ostetrici, infermieri, dediti al sostegno e all’attivazione di risorse presenti nella coppia genitoriale. 

L’altra frase cita: “In momenti come questi, sento chiaramente battere il tuo cuore come sento il mio, e so che la separazione è un’illusione. La mia vita si estende ben oltre i limiti di me stesso”. 

All’interno della “pancia della balena” si generano proprio quelle dinamiche in cui le mamme e i papà sentono battere il cuoricino del loro figlio così come sentono battere il loro. In quel luogo diventano unica cosa perché il loro destino sarà inevitabilmente e inesorabilmente intrecciato da lì all’eternità. Dare sostegno ai genitori diventa fondamentale e creare una comunicazione chiara su ciò che sta accadendo diventa vitale perché ad ogni sussulto del bambino coinciderà un sussulto del genitore, che sta lì a pregare e ad aspettare di conoscere le sorti di suo figlio. 

Non ci sono dati da riportare ma solo fare emergere l’importanza della comunicazione e dell’interazione tra i vari sistemi coinvolti. Offrire strumenti, informazioni e sostegno diventa importante per aiutare le mamme e i papà per trovare la migliore strada per il recupero della genitorialità precocemente e inaspettatamente interrotta, e ai professionisti del settore offrire uno spazio in cui contenere e gestire le inevitabili emozioni che umanamente si attivano e che aumentano il rischio di burn-out.

La gestione e la possibilità di offrire un reparto aperto, con l’ausilio di marsupio terapia, allattamento materno e uso del latte umano donato, ha dimostrato una diminuzione dei fattori di rischio utili non solo per la coppia genitoriale, ma anche per i prematuri e i professionisti che attorno ad essi ruotano.

Gli effetti di un sostegno multidisciplinare risulta funzionale per un recupero positivo della maternità e paternità, con un contrasto importante alla depressione post parto e una ricostruzione di un equilibrio familiare che inevitabilmente viene messo alla prova con l’arrivo di un figlio prematuro. 

In un reparto di neonatologia possiamo solo metterci in una posizione di attesa e possiamo solo vivere nel qui e ora affrontando ciò che quotidianamente si attiverà o si conoscerà. Poche altre parole ma solo un pensiero a tutti coloro che hanno conosciuto quei luoghi e quelle emozioni, qualsiasi sia stata l’esito finale di quella permanenza.