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Mamma e neonato in ospedale dopo parto naturale
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Il parto è un momento indimenticabile nella vita di una donna. Ed è preceduto spesso da tanta, tantissima attesa, ma soprattutto da molti dubbi e incertezze durante tutta la gravidanza, in particolare se è la prima. Ecco 10 cose da sapere sul parto naturale e qualche consiglio per viverlo nel modo più sereno possibile. Ricordatevi infatti che si partorisce dalla notte dei tempi e che una volta non c’erano neppure tutti i metodi che ci sono oggi per ridurre il dolore. Quindi… riteniamoci fortunate. 

I vari tipi di parto 

Prima di parlare in modo più approfondito del parto naturale, passiamo velocemente in rassegna tutti i modi che ci sono per mettere al mondo un figlio. 

  • Parto naturale o spontaneo. Come dice il termine stesso, si tratta del classico modo per partorire, cioè per via vaginale. È anche quello considerato più sicuro e, per questo motivo, i ginecologi tendono a preferirlo. Il parto naturale si dice eutocico se non viene utilizzato nessuno strumento per aiutare il bimbo a uscire, distocico se si usano forcipe o ventosa, ormai molto rari. 
  • Parto cesareo. Quando non è possibile partorire naturalmente, l’alternativa è il parto cesareo, un vero e proprio intervento chirurgico che serve a far nascere il bebè. Tra le indicazioni al cesareo c’è la posizione podalica del feto (cioè si presenta con i piedi o il sederino). A volte il cesareo è programmato, altre invece viene fatto in urgenza.
  • VBAC. Questo acronimo sta ad indicare il parto naturale dopo un cesareo, un’opportunità che sempre più spesso viene offerta alle donne precesarizzate. Non è vero infatti che un cesareo preclude un successivo parto spontaneo. 
  • Parto indotto. Per parto indotto si intende la stimolazione del travaglio da parte del personale sanitario. In alcune circostanze (ad esempio una gravidanza che si protrae a lungo) il parto viene indotto con diverse modalità. In genere, l’induzione si conclude con un parto naturale, ma ovviamente non si può escludere la necessità di intervenire chirurgicamente in caso di complicanze. 
  • Parto in acqua. Partorire in acqua è uno dei modi più dolci. La temperatura calda dell’acqua dona sollievo alla mamma perché riduce, in modo naturale e fisiologico, il dolore delle contrazioni. A seconda dei casi si rimane immerse nella vasca solo per il travaglio, durante la fase espulsiva o entrambi.
  • Parto in casa. In molti Paesi e in qualche regione italiana è molto in voga l’abitudine di partorire a casa propria. È una scelta che garantisce riservatezza, intimità, calore, anche se si deve essere molto convinte e ovviamente seguite da un’ostetrica a domicilio. Inoltre, la gravidanza deve essere fisiologica e non devono esserci complicanze. 

Affrontare la paura di partorire 

Ce la farò? È una domanda che, chi prima chi dopo, ogni futura mamma si pone. Non neghiamolo: il parto non è proprio una passeggiata. È fatica, è sangue, dolore, sudore. Ma in un modo o nell’altro si partorisce e non bisogna vergognarsi delle proprie reazioni. I medici, le ostetriche, gli infermieri sono abituati alle “possibili stranezze” delle partorienti (c’è chi grida e chi impreca) o agli inconvenienti fisici che possono accadere (tipo che scappi qualche imbarazzante bisognino…), quindi prima di tutto bisogna essere rilassate e tranquille. Abbiate fiducia nel personale che vi assiste.

Il corpo umano è una macchina meravigliosa e affascinante, progettata anche per continuare a dare la vita. Noi donne siamo anatomicamente fatte per partorire, anche la più esile tra noi ce la può fare. In sala parto viene fuori una forza fisica e mentale che non immaginiamo neppure di possedere. Ma c’è e ci sostiene. Insieme a chi scegliamo di avere accanto in questi momenti così intensi ed emozionanti. 

Come capire quando inizia il travaglio

Altro dubbio amletico: come faccio a capire se il travaglio è iniziato? Prima di tutto non è vero che parte quando si rompono le acque. La rottura del sacco può avvenire anche ore prima dell’avvio della fase “attiva” del travaglio, o può essere addirittura provocata dal ginecologo, se non avviene spontaneamente. L’inizio “ufficiale” del travaglio, infatti, è dato dalle contrazioni che diventano via via regolari, più intense e dolorose.

Quando iniziare il corso preparto 

Per ridurre l’ansia del parto, è utile seguire un corso preparto: vi può aiutare a conoscere le fasi del parto naturale, a sapere cosa fare nelle diverse situazioni e come affrontare le paure del momento, cosa portare in ospedale, oltre che a prendere confidenza con la struttura dove andrete a partorire. Inoltre, può essere importante anche per il partner che potrà partecipare agli incontri e imparare come comportarsi in sala parto (se chiaramente decide di assistere, cosa non scontata).

Quando iniziare il corso preparto? Non troppo presto e neppure troppo tardi. Nel primo caso, rischiate di dimenticare tutto strada facendo. Nel secondo potreste partorire prima di averlo terminato. Solitamente si tratta di 8-10 incontri, calcolate un po’ i tempi. In generale dal sesto mese in poi potrebbe andar bene.

Conoscere le fasi del parto naturale 

Conoscere i diversi momenti del parto naturale è positivo, in modo da riuscire ad avere un’idea di come avviene il tutto. Ci sono quattro fasi del parto

  • prodromica: una fase preparatoria in cui si possono avere o meno contrazioni irregolari e altri sintomi, come la perdita del tappo mucoso; 
  • dilatante: le contrazioni diventano più regolari e inizia la dilatazione fino a 10 centimetri (si tratta del travaglio attivo);
  • espulsiva: è la fase delle spinte. Bisogna sempre attendere che la dilatazione sia completa prima di spingere, sotto la guida dell’ostetrica; 
  • secondamento: dopo che è nato il bambino, avviene l’espulsione della placenta.

Cosa fare quando si rompono le acque 

Come ci si deve comportare se si è a casa, al supermercato o al parco e si verifica la rottura del sacco amniotico? Sangue freddo e niente fretta: non state per partorire da un secondo all’altro, soprattutto se siete primipare, cioè al primo figlio. Se si rompono le acque, si può fare una doccia calda, utile per rilassarsi, vestirsi e prepararsi con calma. A questo punto ci si fa accompagnare all’ospedale dove il ginecologo verificherà se c’è già dilatazione oppure no. 

La rottura delle membrane non è sinonimo di avvio di travaglio imminente, ma probabilmente sarete ricoverate in ogni caso per controllare la situazione. Il feto non può rimanere a lungo senza liquido amniotico e, se non accade nulla nelle 48 ore successive, si potrebbe quindi decidere di indurre il parto. Alla mamma verranno anche somministrati antibiotici per evitare infezioni.  

Mantenere la calma, a meno che…

Molto spesso le ostetriche dicono che nel parto c’è una sola cosa per cui correre alla velocità della luce, per le altre l’imperativo è la calma. L’unico caso in cui è necessario recarsi d’urgenza in ospedale è il distacco della placenta, che si presenta con un’abbondante perdita di sangue vivo, accompagnata spesso da dolori addominali e/o contrazioni. Una situazione molto diversa dalle altre perdite che possono verificarsi, come quelle di muco o di sangue rappreso, che non destano la stessa preoccupazione.

Cosa mangiare durante il travaglio 

Si può mangiare qualcosa durante il travaglio? La risposta è sì e arriva dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. In una delle sue raccomandazioni per la gravidanza e il parto, l’OMS ha specificato che la partoriente può mangiare e bere. Fino a qualche tempo fa questa pratica era sconsigliata perché le contrazioni potrebbero favorire il vomito. 

Assecondate il vostro corpo. Se vi sentite di mangiare, fatelo. Ovviamente senza abbuffarvi! Niente panino del fast food o lasagne, ma spuntini leggeri, ad esempio con pane, grissini o cracker che avrete messo già nella valigia per l’ospedale. E ricordatevi di bere. Acqua soprattutto, ma anche qualche bevanda leggera e zuccherata, come ad esempio il tè. 

Quanto dura un parto naturale 

Vorreste sapere quando dura un parto naturale, vero? Anche perché chissà quante esperienze più o meno horror vi avranno raccontato! Quando ci si avvicina al fatidico giorno sono tante le storie che si sentono a proposito di travagli lunghissimi, durati anche giorni. Di certo è un’esperienza personale e come tale ognuno la vive a suo modo. Scientificamente, però, è importante sapere che, nella sua fase attiva, il parto naturale non può durare più di 18 ore.

Parto naturale e dolore: come fare?

Parto naturale e dolore. Due elementi legati a filo doppio, ma non è detto che sia obbligatorio soffrire per tutto il travaglio. Esistono ormai svariate tecniche o espedienti per far provare meno dolore alla partoriente e concentrarsi sull’esperienza più forte della sua vita. La più utilizzata è l’anestesia epidurale, che consiste nella somministrazione di un anestetico attraverso un cateterino inserito nella schiena. 

All’epidurale si affiancano anche nuovi metodi, come il gas esilarante, molto utilizzato per esempio in Gran Bretagna. Un altro è quello di partorire in acqua. Esistono poi tecniche da imparare prima, come quelle legate allo yoga e alla meditazione, oltre alla più classica respirazione. Una respirazione corretta, unita a delle buone spinte, può aiutare realmente la gestante.

Posizioni per il parto naturale 

Fino ad un po’ di anni fa, nell’immaginario collettivo (e a dire il vero anche nella realtà) le donne partorivano in un unico modo: distese a pancia in su con le gambe divaricate. Oggi finalmente ci si è aggiornati e si è giunti alla conclusione che non esiste una sola posizione per partorire. 

È vero che in tanti ospedali si sceglie ancora il lettino con i poggiapiedi (quello delle visite ginecologiche), in modo da stare supine. In realtà, la posizione giusta è quella che fa stare meglio la donna: ed è solo lei a dover scegliere come mettersi per sentirsi a suo agio. È infatti possibile partorire accovacciate, carponi, in piedi oppure sdraiate su un fianco con una gamba al petto. Oppure usando lo sgabello, la palla o la fune.