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Quando ci si deve preoccupare per un presunto ritardo nello sviluppo di un bambino? E come riconoscere un vero e proprio ritardo dal tempo fisiologico necessario ad un bambino per affinare le sue abilità? Quale il ruolo di mamma e papà? E le cause? Questo è un tema estremamente complesso e multisfaccettato. Ne parliamo con Ettore Piro, neuropsichiatra infantile e componente del consiglio direttivo della Società italiana di neurologia pediatrica (Sinp).

Prof. Ettore Piro

Prof. Ettore Piro

    Professor Piro, il mondo dello sviluppo di un bambino è estremamente variegato...

    “Lo sviluppo psicomotorio, cognitivo ed emotivo del bambino è il frutto di un’interazione tra fattori genetici e quindi costituzionali e fattori ambientali. Tra i fattori ambientali protettivi, i principali sono: la supplementazione di acido folico preconcezionale, una gravidanza non complicata, una sana alimentazione precoce - allattamento al seno in primis -, una protezione dalle infezioni, cioè con le vaccinazioni, un ambiente di crescita valido in termini di stimolazioni e lo sviluppo di relazioni precoci. Gli effetti di queste due condizioni si esercitano, in maniera diversificata, in relazione alle strutture coinvolte e alle relative specifiche funzioni. Lo sviluppo del sistema nervoso ha inizio fin dalle prime fasi di differenziazione del tessuto nervoso - a partire dal diciottesimo giorno dopo fecondazione - e si protrae fino alla completa maturazione, che, per alcune funzioni cognitive di ordine superiore, come le funzioni esecutive, supera la soglia della cosiddetta 'maturità', cioè i diciotto anni. I primi tre anni di vita costituiscono un periodo cruciale per la valutazione di un normale processo di sviluppo infantile e per la precoce identificazione di eventuali anomalie su cui potere intervenire tempestivamente”.

    È vero che ogni bambino ha i suoi tempi?

    “Sì. Lo sviluppo infantile è caratterizzato da una estrema variabilità, pur nel rispetto di alcuni periodi per così dire 'finestra' entro i quali determinate 'abilità', facilmente evidenziabili dai genitori e dal pediatra, vengono acquisite. Emblematico di questa variabilità è il fatto che alcune tappe dello sviluppo motorio, per esempio la deambulazione quadrupedica - andare a gattoni -, non si presentano in tutti i soggetti, oppure sono caratterizzate da varianti, come la deambulazione iniziale sulle punte dei piedi, osservabile anche in soggetti del tutto sani. Notevole variabilità è anche osservabile nello sviluppo del linguaggio espressivo verbale: alcuni bambini vengono infatti definiti late talkers, cioè parlatori tardivi, in quanto presentano, dopo una fase iniziale di ritardo dello sviluppo in questa area, un riallineamento alle traiettorie di sviluppo normali”.

    Quali sono però i campanelli d'allarme che possono far presagire che qualcosa non va?

    “I campanelli di allarme che possono fare sospettare una problematica dello sviluppo sono, da un lato, la mancata acquisizione di una abilità ad un’età in cui dovrebbe essere stata acquisita e, dall’altro, la presenza di segni sospetti per una compromissione di una o più aree di sviluppo: posturo-motorio, cognitivo, linguaggio, comunicazione e relazione”.

    Ritardo dello sviluppo è sinonimo di malattia?

    “Il termine ritardo dello sviluppo non coincide sempre con il termine di patologia. Può infatti rappresentare la fase che precede una condizione patologica in via di strutturazione, ma può anche identificarsi con una lenta progressione di acquisizione delle abilità, dovuta ad un semplice rallentamento della velocità di maturazione funzionale e, nel corso degli anni, presentare un riallineamento a livelli prestazionali nel range della norma. È importante in questi casi potere escludere dalla valutazione longitudinale dello sviluppo individuale fenomeni di stasi prolungata o peggio di regressione delle abilità acquisite”.

    Quali sono i casi più comuni?

    “I più frequenti ritardi di acquisizione delle abilità riguardano lo sviluppo motorio, con una ipotonia di origine centrale, non causata da patologie neuromuscolari, che rallenta la acquisizione della postura seduta e della deambulazione, una lenta maturazione della motricità - bambino goffo - e i ritardi del linguaggio espressivo con associato adeguato livello di comprensione. Le condizioni che invece costituiscono definiti quadri di compromissione dello sviluppo possono coinvolgere il versante motorio, neurosensoriale, cognitivo, del linguaggio, emotivo e relazionale”.

    Quali sono le principali patologie che si riscontrano in età evolutiva?

    “Sul versante motorio la paralisi cerebrale infantile, le compromissioni neurosensoriali - vista e udito -, l’epilessia e i disturbi del neurosviluppo, secondo il DSM 5 o Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, che includono: la disabilità intellettiva (termine che ha sostituito quello più squalificante di “ritardo mentale”), i disturbi della comunicazione, dello spettro autistico, del movimento, il disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD), il disturbo specifico dell’apprendimento”.

    Parliamo delle cause...

    “Come già accennato, le cause vanno ricercate sia sul versante genetico che su quello ambientale, considerando che tanto la genesi della problematica, quanto gli esiti sul piano funzionale possono essere frutto di una loro interazione e di una tardiva evidenziazione da parte dei familiari o dei medici. Importante per la definizione eziologica è una completa raccolta di dati relativi sia al bambino che ai familiari, alla gravidanza, al parto, ai primi mesi di vita. Un’attenta valutazione per un inquadramento clinico si avvale della integrazione con indagini di laboratorio e strumentali. Molte delle problematiche di sviluppo evidenti nei primi mesi di vita che esitano in disturbi persistenti hanno una base genetica, per esempio molte disabilità intellettive e l’autismo. Tra le cause ambientali grande importanza hanno le modalità del concepimento, la gravidanza, la gestione perinatale e la messa in atto misure di prevenzione, come l'alimentazione corretta sia della madre in gravidanza che del bambino, con l’allattamento al seno, prevenzione delle infezioni in gravidanza e vaccinazioni nel bambino, oltre che le condizioni di deprivazione ambientale”

    Quando è necessario rivolgersi ad uno specialista?

    “L’identificazione di un rallentamento o la mancata acquisizione delle abilità nelle varie dimensioni che caratterizzano lo sviluppo infantile è compito del pediatra, che in collaborazione con i genitori mette in atto una 'sorveglianza dello sviluppo' che si avvale di strumenti di base definiti di screening. Tali strumenti che si basano su domande ai genitori, esame clinico e ricorso a set strumentale costituito da semplici oggetti di stimolo sensoriale (lampadina, campanella, sonaglio, pallina o gomitolo di lana rosso, cubi, oggetti di piccole dimensioni) consente, in occasione delle visite di controllo e in pochi minuti, di avere una idea di massima del livello di sviluppo complessivo del bambino. Nel caso in cui sorga il sospetto di una problematica ci si rivolge allo specialista come il neuropsichiatra infantile o il pediatra esperto in disturbi dello sviluppo. A queste figure specialistiche spetta la valutazione più approfondita dello sviluppo mediante test di secondo livello e la formulazione di una diagnosi che si avvale della collaborazione di altre figure professionali quali il genetista clinico, l’audiologo, l’oculista, l’esperto in neuroimaging, il neurofisiologo. Una volta definita la presenza di un problema dello sviluppo è importante l’avvio in tempi rapidi al trattamento, in considerazione che tanto più precocemente si interviene tanto maggiore sarà la possibilità di abilitazione o recupero funzionale in base alla nota plasticità del sistema nervoso nei primi anni di vita”.

    Esistono ancora vergogna o reticenza a parlare di ritardi dello sviluppo?

    “È tuttora possibile osservare un ritardo anche notevole dei tempi di diagnosi di problematiche dello sviluppo, soprattutto in realtà socioeconomiche svantaggiate e in contesti familiari dove l’attribuzione di responsabilità della problematica viene vissuta in termini estremamente colpevolizzanti da parte di uno dei genitori o della famiglia di origine. In questi casi diventa fondamentale l’attività di sorveglianza dello sviluppo da parte del pediatra. Il pediatra, nel caso di sospetto non evidenziato dai genitori, deve fare ricorso alle sue abilità comunicative per sviluppare da subito quella alleanza terapeutica con i genitori, necessaria per l’avvio della valutazione di secondo livello con lo specialista, rendendosi garante del completamento dell’iter sia diagnostico che terapeutico, in una veste di 'avvocato del bambino'”.

    Quale messaggio possiamo mandare alle mamme?

    "Il messaggio da inviare a mamma e papà è che, per garantire al proprio figlio uno sviluppo normale, oltre a mettere in atto le corrette misure preventive (supplementazione materna di acido folico preconcezionale, igiene della gravidanza, controlli periodici della crescita e sviluppo fetale) è importante assicurare al neonato il latte materno, seguire i calendari vaccinali, creare un ambiente stimolante ed iniziare fin dalla nascita l’osservazione dei progressi che compie in collaborazione con il pediatra. Il pediatra al momento dei controlli di salute generale e di crescita del bambino svolge una valutazione dello sviluppo ed è importante non essere reticenti su sospetti (personali, dei nonni, di altre persone che condividono con lui tempi o attività) relativi a segni o sintomi che il piccolo presenta. Nel caso di richiesta di approfondimenti da parte del pediatra, non trincerarsi dietro a facili semplificazioni attribuendo a presunte familiarità (anche suo padre era così, il cugino non camminava alla sua età) elementi di sospetto che potrebbero essere determinanti per una diagnosi precoce e un precoce avvio a percorsi abilitativi”.