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Mamma single tiene in braccio un neonato
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Che sia per scelta consapevole o per caso (per un evento tragico o semplicemente la rottura del rapporto), sono sempre di più le mamme single, che si ritrovano a mettere al mondo e crescere un bambino da sole. Un percorso che può essere magico ed esclusivo, ma allo stesso tempo punteggiato da tante difficoltà. Ne parliamo con la psicologa e psicoterapeuta Francesca Benigno, che sottolinea: “Fornirò delle risposte generali che, hanno un fondamento teorico, ma che non necessariamente rispecchiano la singolarità di ogni esperienza di vita. Ogni persona è unica come ogni esperienza che vive e attraversa. ‘Ogni vita merita un romanzo’ scrive E. Polster nel suo libro, proprio ad indicare la complessità e la bellezza insita nelle esperienze di ciascuna persona, le risposte da me fornite devono essere da stimolo per ulteriori riflessioni e non hanno lo scopo di incasellare in rigidi schemi le esperienze personali”.

Dr.ssa Francesca Benigno

Dr.ssa Francesca Benigno

    Dottoressa Benigno, cominciamo con una premessa: ci sono mamme single per scelta e altre che invece si ritrovano ad esserlo senza volerlo. Come cambia la questione dal punto di vista psicologico?

    “Qualsiasi sia la motivazione è necessario sottolineare come tutte le mamme single devono affrontare una serie di difficoltà legate all’aspetto economico, sociale e soprattutto psicologico nel dover gestire tutto in autonomia. Quali che siano le ragioni per cui il padre non c’è, una mamma single non per scelta dovrà affrontare da un punto di vista psicologico la perdita del partner, vissuta come una esperienza traumatica, un lutto. Con il termine lutto si intende la reazione emozionale che si sperimenta quando si perde una persona significativa della nostra esistenza.
    Il lutto è una ferita che richiede un tempo di elaborazione e di attraversamento dei diversi vissuti che lo caratterizzano (tristezza, senso di abbandono, rabbia, solitudine) per poter superarlo e giungere ad una possibile riorganizzazione della propria vita.
    Diverse sono le possibili conseguenze psico-fisiche del lutto sugli adulti. Tra quelle psicologiche possiamo ritrovare problemi di ansia, attacchi di panico, fobie, dipendenze, disturbi alimentari, disturbo post traumatico da stress; tra quelle fisiche possono manifestarsi spossatezza, disturbi del sonno e dell’alimentazione, disturbi digestivi, aumento della pressione, interruzione del ciclo mestruale, cefalee, abbassamento delle difese immunitarie.
    Per affrontare questa esperienza dolorosa è necessario concedersi un tempo adeguato per poter elaborare il trauma del distacco, affrontare la situazione, accettare il dolore senza rinnegarlo, e darsi il tempo necessario per far sì che la “ferita” possa cicatrizzarsi, senza sentirsi in colpa per ciò che si sta vivendo. Un percorso psicoterapeutico può essere di grande aiuto, in questi casi, per essere sostenuti nell’elaborazione e nell’attraversamento di questa esperienza dolorosa e traumatica, per aprirsi con fiducia alla vita e alla possibilità di prendersi cura con spontaneità del proprio figlio affrontando tutte le difficoltà che possono presentarsi”.

    
Quali possono essere i momenti più difficili per una mamma single?

    “Le mamme single devono provvedere alla famiglia da un punto di vista economico, e devono occuparsi dei figli e di se stesse. Questo può creare alcune difficoltà iniziali nel riuscire a gestire tutti questi aspetti da sole, senza il sostegno di un partner. Si possono vivere momenti di forte stress e stanchezza che inevitabilmente avranno ricadute anche sui figli, che a loro volta potrebbero manifestare comportamenti aggressivi e stress.
    Inoltre, le mamme single potrebbero avere meno tempo e relazioni ristrette, visto che dovranno occuparsi della gestione economica è probabile che dovranno trascorrere gran parte della giornata a lavoro, questo comporta una riduzione del tempo da trascorrere con i propri figli e per la cura di sé. A ciò si aggiunge la necessita di prendere tutte le decisioni, o le scelte educative che riguardano il figlio senza la possibilità di un confronto e di un sostegno di un partner.
    Tuttavia, nonostante, le difficoltà che possono sorgere nella gestione della vita familiare da mamme single ciò che può essere molto utile è riuscire ad abbandonare il mito dell’onnipotenza e chiedere aiuto. Ci sono zii e nonni, le babysitter, le altre mamme. È importante non isolarsi, ma costruire una rete sociale di solidarietà dove avere la possibilità di sentirsi sostenute, di confrontarsi, scambiare consigli, favori, chiacchiere. Inoltre, è fondamentale non dimenticarsi di se stesse, sebbene tra lavoro, figli, casa sia difficile aver voglia e tempo per prendersi cura di sé. Tuttavia, ritagliarsi del tempo per se stesse, che sia una passeggiata di qualche minuto, un caffè con un’amica, un massaggio rilassante, è importantissimo, per ricordarsi di essere, anche, una donna con delle proprie esigenze e non solo una mamma. Avere la possibilità di ritagliarsi del tempo per se stesse permette di “ricaricarsi”, il prendersi cura degli altri passa inevitabilmente attraverso la cura di se stessi”.

    Parliamo di ambiente familiare della mamma: come può aiutare o, al contrario, essere ostacolo all’educazione del bambino?

    “Una mamma single sa che dovrà occuparsi della crescita del proprio figlio, ma ciò non significa che è necessario fare sempre tutto da sola. È importante chiedere aiuto e delegare quando possibile, attivando tutte le risorse familiari, coinvolgendo nonni, zii, fratelli. Non si può contare solo sulle proprie forze. Il ruolo della famiglia come sostegno è fondamentale, sia nel caso possano sorgere dei problemi di natura economica, oppure nella gestione della quotidianità con i propri figli. Trovare dei punti di riferimento nella famiglia allargata sia per la mamma che per i figli è un’opportunità importante. È chiaro che per evitare ostacoli nel processo educativo del bambino è necessario coadiuvare la mamma nel rispetto dei suoi principi educativi, lasciando che ognuno ricopra il suo ruolo senza creare confusione o contrapposizioni. Per essere più chiara, per esempio la mamma rivestirà il suo ruolo impartendo le regole educative più consone al suo sistema familiare, i nonni seguiranno queste regole ma ricoprendo un ruolo diverso potranno, anche, concedersi con i propri nipoti spazi e momenti educativi diversi che rispecchieranno la diversità della relazione madre/figlio, nonni/nipoti.
    È necessario che ognuno ricopra il proprio ruolo rispettando le peculiarità insite in questo e fornendo al bambino la possibilità di fare esperienza della diversità delle relazioni significative, da cui trarre un arricchimento per la propria vita. Inoltre, la possibilità di confrontarsi con delle figure maschili è importante per dare la possibilità al bambino di trovare un punto di riferimento maschile adulto”.

    Come affrontare le domande del proprio bambino che, una volta cresciuto, capisce che il papà non c’è?

    “Le domande di un bambino rispetto all’assenza del padre possono creare nelle mamme delle ansia o delle difficoltà nel fornire delle risposte adeguate. Qualsiasi sia la motivazione per cui il padre non c’è, è chiaro che questa assenza ha creato a monte una ferita, un lutto che deve essere stato elaborato dalla mamma, ancor prima che si presentino queste domande da parte del figlio.
    Il bambino, non appena inizierà a confrontarsi con i suoi pari e con i loro papà, si farà delle domande e chiederà “dov’è il mio papà?” o “chi è il mio papà?”.
    I bambini hanno bisogno di fare domande e di ricevere delle risposte chiare e adeguate rispetto alla situazione in cui si trovano. È necessario dire ai figli esattamente ciò che è accaduto intorno a loro, utilizzando un linguaggio e delle spiegazioni comprensibili in base alla loro età, ciò li aiuta ad avere una giusta comprensione degli avvenimenti. Il rischio di non rispondere con chiarezza alle domande poste è quello di lasciare ai bambini la possibilità di darsi delle spiegazioni da soli. I bambini di fronte a situazioni che non riescono a comprendere possono attribuirsi delle colpe, pensare per esempio se “io non ho un papà è perché sono stato cattivo o altro”.
    È necessario rispondere alle domande dei figli in maniera onesta e spontanea, scegliendo con cura le parole da dire rispetto alla figura paterna. Chiarire ai ragazzi che loro non sono in alcun modo responsabili della situazione in cui si trovano. Dare ascolto ai figli e incoraggiarli a parlare ed esprimere i propri sentimenti per cercare di capire come vivono questa assenza e che cosa ne pensano, in quanto non è infrequente che possano farsi idee sbagliate su ciò che sta accadendo.
    È necessario che la funzione paterna possa continuare ad esistere su un piano simbolico per i figli. La mamma single deve essersi presa cura delle sue ferite emotive e psicologiche legate all’assenza del partner, evitando di trovarsi impreparata a rispondere, o di fornire risposte affrettate, risposte discreditanti sulla figura paterna o rendendo l’argomento tabù. Solo dopo avere attraversato e integrato nella propria vita queste esperienze vissute, la mamma potrà scegliere con cura le parole da dire e da non dire, a seconda dell’età dei figli, sulla figura paterna. È fondamentale per mettere in pratica questo passaggio che la mamma riesca a differenziare i suoi vissuti, che possono essere di rabbia, delusione, frustrazione, fatica, dall’esigenza del proprio figlio di crescere e comprendere la propria storia”.

    Quando una mamma decide di “rifarsi una vita” trovando un nuovo compagno, come può farlo “accettare” dal figlio?

    “Nel momento in cui la mamma decide di rifarsi una nuova vita è bene che i figli ne siano al corrente, tuttavia ritengo che sia un bene presentare il nuovo partner solo quando la relazione sia vissuta dalla coppia come stabile e importante e non una relazione superficiale. I bambini, anche se molto piccoli, sono bravi nel cogliere i cambiamenti d’umore della mamma, per cui potrebbero intuire che c’è una nuova persona che la fa stare bene.
    La reazione dei figli può essere diversa anche in base alla loro età: per esempio gli adolescenti potrebbero mostrare più difficoltà ad accettare questa nuova figura e potrebbero assumere atteggiamenti di sfida nei confronti del nuovo partner, rendendo alle volte molto complessa la relazione di coppia.
    Non bisogna mai trascurare i sentimenti e i vissuti contrastanti dei figli rispetto al nuovo compagno, alcuni potrebbero percepirlo come una sorta di intruso nella relazione tra mamma e figli, o che stia in qualche modo rubando il posto del papà. Per evitare questi pensieri è necessario che la mamma chiarisca e tranquillizzi il proprio figlio rispetto a queste ipotetiche paure sottolineando la diversità della loro relazione, rispetto a quella con il nuovo partner.
    Alcuni potrebbero temere di essere abbandonati, soprattutto osservando una sempre maggiore complicità nella nuova coppia, da cui si sentono esclusi. Non è raro che i figli arrivino a simulare dei malesseri fisici per impedire al genitore di trascorrere del tempo fuori casa, lontano da loro.
    Sono tante le emozioni e i vissuti che vengono a galla, per questo è consigliabile procedere sempre per gradi, rispettando i tempi dei figli, senza forzare la nascita di un legame positivo. Bisogna essere pazienti e comprensivi, anche di fronte a comportamenti dichiaratamente ostili”.

    
Una donna riesce ad essere sia mamma che papà per il proprio bambino?

    “Per rispondere a questa domanda accennerò brevemente a dei concetti psicologici sul ruolo paterno e materno, sintetizzando quanto più possibile rispetto a teorizzazioni approfondite sull’argomento, tentando di fornire una risposta adeguata rispetto ad una tematica complessa e che chiaramente va guardata e contestualizzata da persona a persona.
    Nella psicoanalisi classica, a livello psicologico, il padre aveva il ruolo di spingere i figli verso i rapporti con il mondo, con l’esterno, promuovendone l’autonomia e la conoscenza del mondo e rappresentando, inoltre, le regole e il rapporto con l’autorità. Mentre il ruolo della madre era più orientato alla cura, all’accudimento e allo sviluppo del proprio mondo interno.
    Oggi, chiaramente, i ruoli non sono più così definiti, non c’è questa divisione netta delle parti, la mamma che ha la funzione più affettiva e il padre che impartisce regole, tuttavia, nel bambino rimane la necessita di sperimentare questa doppia funzione genitoriale, cioè l’aspetto normativo e quello affettivo.
    Una mamma può sopperire ad alcune mancanze e incarnare il doppio ruolo genitoriale, una mamma, per esempio, può dedicarsi ad altre attività e non essere solo mamma evitando che si sviluppi una fusionalità del rapporto con il figlio, spingendolo verso la propria autonomia e verso il mondo, impartendo regole e prendendosene cura in maniera affettiva.
    L’assenza paterna lascia un vuoto nel bambino che cresce, tuttavia, può essere compensato in parte da altre figure di rifermento, uno zio, un nonno per esempio possono rappresentare delle figure importanti a cui il bambino farà riferimento nel corso della sua crescita. Per questo, come già accennato, è importante creare una rete di relazioni sociali intime che possano essere una risorsa e un arricchimento per la crescita del bambino. Un altro aspetto importante da sottolineare è che ogni storia è a se e non è detto che i figli cresciuti senza la presenza affettiva di un padre avranno conseguenze psicologiche, potranno sentire un senso di vuoto rispetto a questa assenza ma imparare a integrarla nella propria vita, adattandosi in maniera creativa all’assenza e sviluppando risorse per affrontare la situazione in maniera spontanea costruendo relazioni autentiche con altre figure di riferimento”.