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Bonding: neonato tra le braccia della mamma
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Si chiama bonding, significa “attaccamento” e indica il legame – fisico, unico e istintivo – tra il neonato, la sua mamma e il suo papà, che si sviluppa durante la gravidanza e si rafforza immediatamente dopo il parto. Un legame che segnerà tutta la relazione futura della famiglia. Ed è provato scientificamente che prima inizia il contatto fisico tra i genitori e il piccolo appena venuto al mondo, più forte sarà la loro unione per tutta la vita.

Il significato di bonding deriva dall’inglese “to bond”, cioè unire, vincolare. È il processo di formazione del legame genitori-figli che ha origini lontane poiché, in un certo senso, senza il bonding la razza umana si sarebbe di sicuro estinta. La parola tuttavia è entrata nel lessico comune solo all’inizio degli anni ’80, negli Stati Uniti. I maggiori studiosi dell’attaccamento negli esseri umani sono il neonatologo Marshall H. Klaus e il pediatra John H. Kennel. Definiscono il bonding neonato come la relazione tra due individui unica e protratta nel tempo e la condizione perché ciò avvenga è il contatto stretto e per almeno 24 ore tra i genitori e il neonato. Fin dai primissimi istanti dopo il parto.

Cosa si intende per bonding 

Il profondo legame fisico e psicologico che si crea tra madre/padre e figlio durante il periodo della gravidanza, ma soprattutto subito dopo la nascita del piccolo, fa parte di un processo che non sempre è immediato. Le coppie rispondono in tempi e con modalità differenti.

Per bonding neonatale si intende un forte attaccamento tra il genitore e il neonato, che viene raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità quando afferma che, immediatamente dopo essere venuto al mondo, il bambino dovrebbe stare attaccato alla pelle della mamma (skin to skin). Il neonato infatti andrebbe posto sulla pancia della madre, lasciandolo libero di “muoversi” su di lei, fino a raggiungere il seno ed attaccarsi (“breast crawling”). 

Lo skin to skin è quindi la premessa del bonding, anzi è un elemento fondamentale perché si crei una relazione speciale tra l’adulto e il piccino. Qual è l’ideale? Fare in modo che il contatto pelle a pelle cominci il prima possibile, ancora in sala parto. In alcuni ospedali, in caso di parto senza particolari complicanze, il bambino viene adagiato sul petto della mamma prima ancora di essere lavato e visitato. Un approccio così precoce al bonding neonato andrebbe richiesto da tutte le mamme perché i benefici per voi e vostro figlio possono essere importanti. Il contatto andrebbe favorito entro un’ora dal parto, anche cesareo se il bambino non ha bisogno di particolare assistenza e la mamma sta bene. 

Il bonding ha innegabili vantaggi per il bimbo: 

  • regola la sua temperatura corporea; 
  • tiene sotto controllo la frequenza cardiaca e i livelli di glucosio;
  • favorisce l’avvio dell’allattamento al seno;
  • lo tranquillizza.

Nel post partum, l’esigenza di vicinanza fisica è molto forte sia per la donna che per il neonato. È un bisogno fisiologico dettato dalla grande quantità di ormoni in circolo. Anche gli ormoni infatti giocano un ruolo importantissimo nella costruzione del bonding: l’ossitocina, il cosiddetto ormone dell’amore, ha un picco verso l’alto subito dopo il parto. Si tratta di un innalzamento necessario per risvegliare il senso di accudimento e di protezione della madre verso il figlio. Detta anche “ormone dell’amore“, induce un comportamento protettivo nei confronti del bimbo e favorisce l’innamoramento tra i due.

Lo stesso ruolo lo hanno le endorfine (oppiacei naturali che fanno aumentare il senso di benessere e che consentono alla donna di ricordare positivamente l’esperienza del parto, nonostante i dolori e i punti) e la prolattina (regola la produzione del latte e lo sviluppo dell’istinto di protezione nei confronti del bambino) i cui valori, infatti, tendono ad impennarsi subito dopo aver dato alla luce la propria creatura. 

Anche l’adrenalina materna ha un picco di rilascio nelle ultime contrazioni al fine di rendere la neo mamma energica e attenta a tutti i segnali che il neonato le invia. Inoltre l’adrenalina materna accresce quella fetale poiché anche il bimbo è all’erta al momento del parto. Un innalzamento dell’adrenalina fetale gli permette in tal modo di adattarsi al mondo extrauterino e di “attivare” più velocemente il processo di attaccamento.

Come rafforzare il legame mamma-neonato 

Il legame tra un genitore e il suo bambino comincia ben prima della sua nascita. L’interazione può avvenire sin dalla gravidanza: parlare al pancione o accarezzarlo, cantare o assecondare dei movimenti interni-esterno fanno parte di una dimensione iniziale e positiva del bonding, tanto che si potrebbe parlare di bonding in gravidanza

L’imprinting del neonato parte già nel grembo materno, quando il feto impara a riconoscere alcuni suoni (come il battito cardiaco della mamma oppure i rumori che provengono dall’esterno) o risponde alle sollecitazioni sulla pancia, ad esempio con un calcetto se qualcuno “bussa”. 

La vicinanza si costruisce giorno dopo giorno fin dal test di gravidanza positivo e si rafforza dopo la nascita. L’odore e il calore della pelle della mamma attivano i suoi recettori così come la voce di entrambi i genitori. Se durante i nove mesi mamma e papà hanno infatti dialogato con il “pancione”, la loro voce non solo sarà riconoscibile per il piccolo ma anche magneticamente familiare. 

Per rafforzare il legame mamma-neonato vengono attuate tutta una serie di pratiche, come il ricorso allo skin to skin già in sala parto. Ad esempio, da molti anni ormai, e salvo per problematiche specifiche, il neonato non viene mai tolto alla madre. Al contrario se ne favorisce il contatto soprattutto nelle ore successive al parto. Da qui l’abitudine sempre più diffusa al rooming-in.

Come si crea quel vincolo unico e inscindibile? Attraverso il contatto della pelle con la pelle del bambino, con i baci e le carezze e le coccole, con gli sguardi ravvicinati e le parole sussurrate piano. E questo vale sia per le mamme che per i papà. Il piccolo si sente così protetto, accolto: per tutta la vita.

Nel bonding, il neonato utilizza tutti i 5 sensi.

  • Tatto: nei primi 90 minuti di vita il piccino percepisce ciò che gli sta intorno soprattutto attraverso il tatto. Ecco perché gli dovrebbe essere permesso, per almeno due ore, di stare con mamma e papà, possibilmente pelle a pelle.
  • Olfatto: alla nascita è molto sviluppato e gli consente di riconoscere la mamma. Il colostro inoltre ha lo stesso odore del liquido amniotico, quindi lo fa sentire al sicuro, in un ambiente che conosce. È quindi fondamentale avviare l’allattamento subito, proprio durante il bonding col neonato.
  • Gusto: le papille gustative funzionano già entro il terzo trimestre di gravidanza. Adesso i gusti gli arriveranno assumendo colostro e latte.
  • Vista: gli serve per cercare di capire cosa gli sta succedendo e dove si trova. Alla nascita gli occhi sono in grado di mettere a fuoco da una distanza tra i 17 e i 30 centimetri: la distanza ottimale per individuare il viso del genitore che lo tiene in braccio!
  • Udito: ha pure una certa importanza nel bonding. Il neonato impara facilmente a riconoscere la voce della mamma e, a sua volta, cerca di attirare la sua attenzione piangendo.

Dunque i comportamenti quotidiani che da subito caratterizzano il processo di costruzione del bonding sono certamente innati, ma è bene sapere che ad esempio la fase di “veglia attiva” del bimbo, cioè quando messo sul petto subito dopo la nascita ha gli occhi sgranati, è il primo momento ideale per entrare in relazione con lui attraverso “gli occhi”. Altri momenti propositivi sono i cambi sul fasciatoio, quando si gioca o mentre si allatta. Ogni occasione è buona per rafforzare l’unione. 

Da non dimenticare poi che l’unico canale comunicativo che il piccolo possiede è il pianto. Non importa la causa primaria di questo momento di sconforto: il bimbo va consolato, accolto, nutrito, coperto. Insomma la risposta dei genitori deve essere diversa e pronta a seconda del bisogno del figlio. Dimostrarsi attenti e disponibili rispondendo alle richieste del neonato non vuol dire infatti viziarlo, ma fargli capire tramite le coccole che può fidarsi di mamma e papà. 

Da questo senso di sicurezza, il bonding prende forza e nel tempo il rapporto genitori-figlio sarà sempre più solido poiché dettato dalla fiducia. Quindi accarezzarlo, parlare con lui, leggere per lui fa parte di un benessere familiare che riguarda entrambi i genitori. Qualora dovessero presentarsi sintomi opposti quali non aver voglia di occuparsi del proprio bimbo o essere totalmente privi di stimoli è bene parlarne con il partner. La neo mamma dovrebbe farlo anche con il medico al fine di evitare un possibile squilibrio ormonale con-causa di una depressione post partum.

Come fare quando non è possibile il contatto pelle a pelle?

In alcune situazioni, il bonding col neonato non può essere cominciato precocemente, così come viene in genere raccomandato per favorirlo nei migliori dei modi. Ci riferiamo a quei casi in cui occorre separare il bambino dalla sua mamma per un po’. Può succedere ad esempio perché c’è la necessità di portarlo in terapia intensiva neonatale (Tin) e metterlo in incubatrice, magari perché il parto è stato complicato da qualcosa oppure se è avvenuto pretermine. 

Sfortunatamente sono circostanze che possono verificarsi, anche se la cosa non piace per niente. Come fare quando non è possibile il contatto pelle a pelle? In attesa di recuperare il “tempo perso”, basta solo trovare il modo per toccare comunque il proprio bambino, ovviamente seguendo i preziosi consigli dei medici e degli infermieri che si occupano di lui. 

Le cullette termiche sono dotate di aperture che servono a diversi scopi, ad esempio per una carezza oppure per eseguire procedure mediche. Mentre si aspetta quindi di poter stare skin to skin e con le opportune precauzioni del caso (ad esempio, un’igiene attentissima), si potrà accarezzare delicatamente il bimbo, coccolandolo sia con le mani che con la voce. 

Sì, anche la voce è una vera e propria effusione d’amore. In diversi studi scientifici è stato dimostrato che le parole o le ninna nanne della mamma e del papà hanno un effetto super positivo sui neonati che si trovano nelle Tin. Parlare o cantare a questi cuccioli diventa parte integrante del percorso terapeutico e, al contempo, getta le basi per un bonding di successo. In fondo, è solo una maniera alternativa per stimolare un legame assolutamente straordinario che si completerà non appena si potrà tenere il proprio figlio tra le braccia senza alcun problema.

Bonding del neonato con il papà 

Nel corso di questo post lo abbiamo accennato più volte: il bonding non è appannaggio esclusivo della mamma, anche se generalmente è lei ad avere il primissimo contatto pelle a pelle con il neonato subito dopo aver partorito. C’è anche il bonding del neonato col papà e va favorito tantissimo per una serie di ragioni. 

Spesso i padri si sentono un po’ messi da parte durante la gravidanza. Ammettiamolo: noi siamo più fortunate. Abbiamo infatti il privilegio indiscutibile di poter sentir crescere il bambino dentro di noi, di percepire presto i suoi movimenti, di poterlo già vivere. Questo rende il bonding in gravidanza del tutto naturale per una futura mamma. Per il partner è un po’ diverso e, a volte, anche dopo la nascita ha la sensazione di essere meno importante rispetto alla mamma (anche se in realtà non è così: i compiti sono diversi, ma complementari).

Il bonding del papà ha proprio questa funzione, cioè quella di renderlo più partecipe e coinvolto nell’accudimento del bambino, sentendosi protagonista esattamente come la madre. Inoltre, è una maniera per conoscerlo e per farsi conoscere, soprattutto quando si è alla prima esperienza: il bonding è uno scambio reciproco di pelle, di odori, di suoni, di conoscenza e sentimenti forti. 

In alcuni casi, tra l’altro, il papà “prende il posto” della mamma nel primo contatto skin to skin, ad esempio se ha avuto un parto complesso e ha bisogno di riposare oppure se è stato necessario effettuare un’anestesia generale e quindi ci vuole un po’ per riprendersi. Per non perdere tempo con l’avvio del bonding neonatale, si fa in modo che sia il papà stesso a cominciarlo, tenendo il bimbo sul petto nudo. Una sensazione magica che porterà per sempre nel cuore.